I racconti di Maddalena Bulgarelli li trovate anche su “Pensieri funamboli per menti ribelli”. Buona lettura.
Era mezzanotte.La luna piena.
Le dieci menadi uscirono silenziose dal villaggio, coperte solo da una lunga tunica color vinaccia.
Avrebbero raggiunto la radura tra gli alberi, e avrebbero fatto quello che ogni notte di luna piena facevano.
Si muovevano silenziose sul terreno erboso, quasi non si sentiva il rumore dei loro passi. Lo sguardo fisso verso il basso, senza guardare dove andavano, come se fossero guidate da altri occhi, al di fuori di loro. Le labbra serrate, non una parola. I movimenti fluidi e rapidi.
Quando raggiunsero le dieci querce, cresciute alte a formare un cerchio, le donne presero l'edera contenuta nelle loro sacche e, iniziando a intonare un canto prima sussurrato, poi sempre più echeggiante, cominciarono a intrecciare i rami della pianta. Nel mentre, le baccanti ballavano, muovendo il corpo al ritmo del loro canto e in maniera sempre più incontrollata. Presto il canto e la danza divennero gesti e urla sfrenate, le menadi si tolsero le tuniche, rimanendo nude nella brezza serale, e si cinsero la testa con le corone d'edera che avevano intrecciato. Ballavano e urlavano parole incomprensibili e, facendo ciò, accesero un fuoco. Una di loro prese dalla sacca una grossa fiasca e cominciò a versare vino nelle mani a coppa che le compagne le porgevano. Sulle mani, sul volto, le menadi si strappavano di mano il fiasco e bevevano, guidate da un'ingordigia animalesca. Ma non sapevano di essere osservate.
Da dietro una delle querce, un giovane viandante si era fermato, attirato dalle urla e dalla luce del fuoco, ed ora le stava osservando con sguardo sconcertato ed estasiato.
Le dieci menadi erano tutte giovani ragazze di bell'aspetto e adesso, il viandante, guardava quei corpi nudi, muoversi senza controllo alcuno, alla luce calda del fuoco. Continuava a fissarle senza riuscire a distogliere lo sguardo e, d'un tratto, la sacca da viaggio che portava appesa ad una spalla, gli cadde producendo un tonfo secco.
Le donne interruppero bruscamente il loro canto e la loro danza.
Videro il giovane dietro la quercia e, come animali selvatici ed urlando come impazzite, gli corsero incontro. Lo presero, chi per le braccia, chi per i piedi mentre il ragazzo tentava inutilmente di liberarsi. Le donne erano forti, più forti di donne normali, quasi come se dentro di loro, risiedesse un'entità che muoveva i loro corpi. Immobilizzato il ragazzo che adesso aveva gli occhi sbarrati e colmi di paura, una delle donne, urlando selvaggiamente, prese un pugnale e colpì al petto il giovane, cinque volte e poi ancora cinque. Il sangue sgorgava copioso dal corpo, ormai senza vita del ragazzo e le dieci menadi, lo bevvero come se fosse acqua, spargendoselo sul volto e sui corpi nudi e attingendo dal petto del giovane come se stessero dissetandosi ad una fonte.
L'ora era ormai tarda, presto il sole sarebbe sorto.
Le donne spensero il fuoco, ora il loro canto, seppur non fosse mai cessato, era quasi un sussurro. Si rivestirono, lasciarono il corpo del giovane ucciso, disteso per terra e fecero ritorno al villaggio.
Ognuna rientrò silenziosa nella propria casa. Quella mattina ormai prossima, avrebbe, insieme alla luna, cancellato dalla mente delle giovani, il ricordo di ciò che era stato. Questa era la loro maledizione. Questo era il volere del Dio Dioniso. Ogni notte di luna piena, le dieci più belle vergini del villaggio, sarebbero state sue. Avrebbero bevuto e danzato in suo onore.
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