Viviamo tempi strani. Siamo usciti che non è poco da una pandemia degna della peste bubbonica o di un film catastrofico, giusto il tempo di finire con le scarpe e tutto dentro un conflitto a due passi da casa nostra, quello che vede l’Ucraina invasa dalla Russia di Putin, e via, di nuovo un altro scontro ancora più vicino, quello che vede Israele battere a ferro e fuoco la Striscia di Gaza, dopo l’attentato di ottobre di Hamas. Nel mentre il clima è palesemente impazzito, le economie sono volatili, i paesi sembrano cercare sicurezza in uno spaventoso ritorno a destra. In tutto questo, e direi che non è poco, ecco che si scatena una tragedia dai toni shakespeariani, con tutti gli ingredienti del caso. Un amore tradito, in pubblico, personaggi melliflui che si muovono all’ombra costruendo strategie malefiche, la sete di vendetta che si fa a ogni respiro più forte, quasi opprimente, un finale che si prospetta, se possibile meno farsesco di quanto Ennio Flaiano avrebbe mai potuto ipotizzare. Insomma, una tragedia che potrebbe, e in parte lo fa, tenere in scacco una nazione, anche perché i protagonisti sono di fascia alta, top player, non fosse che il drammaturgo di turno, colui, maschile patriarcale ancora in assenza di un sostituto neutrale valido, era famoso fino a qualche giorno fa per essere una soubrette, cioè personaggio televisivo che ha partecipato a programmi leggeri, lei vincitrice della prima edizione di Ballando con le stelle, non certo una selezione per il Tony Award. Le pagine che hanno ospitato il tutto, invece, e qui sì che Flaiano trova ampio spazio, quelle de Il Giornale, ancora frequentato da qualche firma nobile, credo, ma evidentemente in crisi di credibilità se è proprio lei, Hoara Borselli, oggi come oggi, una delle sue firme di punta, sorta di Pino Insegno con la quarta (sì, è una battuta sessista, lo so, prendetela come un tentativo fallito di mimetizzarsi col giornale in questione o uno dei suoi famosi titoli). Questi i fatti, Lucio Presta, manager di lungo corso, fino a dicembre 2023 al fianco di Amadeus, ancora al fianco di mezzo mondo della tv, da Paolo Bonolis a Marco Liorni, per fare due nomi, fa l’ennesimo post che odora di voglia di sangue, dicendo che potrebbe essere il caso di cominciare a raccontare le cose come stanno. Per le cose come stanno, è ovvio, si intende come sia andato il suo divorzio da Amadeus, che lo ha mollato a poche settimane dal loro quinto Festival di Sanremo, da quel momento quinto di Amadeus ma non quinti di Amadeus con Lucio Presta. Un divorzio che a suo tempo ha fatto molto discutere, proprio per l’ambiguità nella quale si è consumato, e che è tornato di attualità col divorzio tra lo stesso Amadeus e la Rai, Dagospia a dire che dietro il passaggio a Nove anche la richiesta da parte del presentatore di avere su un vassoio d’argento la testa di Presta, testa che però è ancora lì dove si dovrebbe in genere trovare. Di fronte a questo post, scoop, ecco che Hoara Borselli decide di fare quello che in effetti un giornalista dovrebbe fare, andare a fare qualche domanda. Così ha fatto. E Lucio Presta, evidentemente in fase davvero shakespeariana, ha risposto. Premesso che il chiamare Amadeus Amedeo Sebastiani per parte dell’intervista, salvo poi passare al più confidenziale Ama suona proprio come la chiacchiera piccata di un amante abbandonato, va detto che Presta non le ha mandate affatto a dire, anzi, ne ha dette anche più di quante ci si sarebbe potuti aspettare.
Perché, coi toni piccati di cui sopra, e spesso scivolando nel focoso linguaggio di chi vuole davvero la vendetta suprema, Lucio Presta ha sostanzialmente descritto un Amedeo Sebastiani, in arte Amadeus, del tutto sprovvisto dell’ABC per andare a fare il presentatore e ancor più il direttore artistico di Sanremo, questo inizialmente, descrivendo nel dettaglio come sia stato lui, Lucio Presta, a insegnargli tutto, da come si redige un regolamento della gara a come si tengono i rapporti con le case discografiche, financo chi sarebbero stati i nomi giusti come co-conduttrici, anche questa idea ovviamente sua, di Lucio Presta. Una sorta di pirlone col sorriso stampato in bocca, Amadeo Sebastiani in arte Amadeus, perché inizialmente, questo ci dice Presta, o meglio, lo dice a Hoara Shakespeare Borselli, il regolamente scritto di proprio pugno da Presta si è limitato a leggerlo, salvo poi presentarlo a nome suo alla Rai, idem per altre varie e eventuali. Non pago di averlo descritto come un pirlone, Presta, va oltre, perché nell’avvivinarlo al momento del tradimento, ce lo descrive anche come un avido, sicuramente, avido e anche incurante delle regole, sorta di Re Sole che tutto può perché lui è lui (quindi più Marchese del Grillo che Re Sole). Quindi eccolo bussare cassa su diritti d’autore che, stando ai regolamenti interni Rai, non avrebbe potuto chiedere, eccolo iniziare a confabulare con due ex dipendenti di Presta, poi passati dalla sua parte, vili traditori, eccolo tenere Presta a bordo campo, pronto infine a abbandonarlo a se stesso, si fa per dire, pronto a affrontare il suo ultimo Festival in solitaria. La promessa, resa obbligatoria da contratti in essere, di pagargli comunque il suo anche se non più al suo fianco, promessa fatta ma mai mantenuta, leggi alla voce: debitore. Ma siccome la vendetta non si può nutrire solo di sputtanamento, e di sputtanamento da quell’intervista ne passa parecchio, ecco che Presta racconta come sin dall’inizio della nota trattativa con John Travolta, tirata fuori da Pinuccio di Striscia la Notizia, Amadeo Sebastiani in arte Amadeus sapesse che a coprire il cachet dell’ex Tony Manero sarebbe stato lo sponsor, il famoso marchio di scarpe, parlando di trattative partite in ottobre, altro che ultimo momento. Un modo per inguaiare Amedeo Sebastiani in arte Amadeus, e volendo anche la Rai, che sicuramente come nel caso di Amazon, si troverà a pagare una multa per pubblicità occulta. Quindi, stando alle parole che Presta ha regalato a Hoara Borselli, ex soubrette ora passata al giornalismo investigativo, Amadeus sarebbe un avido intrallazzatore, pronto a tradire chi se lo è sostanzialmente inventato, e a lungo ha lavorato per lui, quasi sempre gratis, anche questo ha ripetuto, andando ben oltre il suo ruolo di manager, ma facendo di volta in volta, l’autore, il promoter, il manager, la baby sitter. Il passaggio in cui dice che Amadeus ha preteso che dentro l’Ariston non ci fosse una postazione Rai, se non quella che ospitasse sua moglie Giovanna Civitillo, beh, è uno dei picchi shakespeariani di questo pezzo, che non fosse passato su Il Giornale, ma su un vecchio libro rilegato in pelle, giuro, sarebbe stato da portare in scena al Globe di Londra, restaurato ad hoc. Cosa Amadeus risponderà, e soprattutto se risponderà, non è dato saperlo. Immagino, però, che da qualche parte ci sarà una Justine Mattera che, indossati i panni della giornalista investigatrice, come nel caso della Borselli già indossare i panni è un passo avanti, potrà porre le giuste domande per ottenere le giuste risposte. La tragedia è servita, per la farsa, immagino, ci staranno sicuramente lavorando alacremente.