“Nuova scena-Rhythm + flow” esordisce su Netflix con il botto. Un talent rap che grazie al cielo non rinuncia al rap. Perché alla fine il rischio dei talent è sempre lo stesso, che si divorino l’oggetto del contendere. Qui si devono sputare barre e rime, e quelle ci sono. Tre i giudici chiamati ad indicare l’orizzonte, appunto, della nuova scena. Geolier, reduce dalle polemiche sanremesi, che dai pretendenti cerca “cuore e coraggio”. Poi c’è Fabri Fibra, più ambizioso e meno vago: “Sarò politicamente severo e giustamente scorretto”. Infine Rose Villain, forse per adesso un po’ timida e accecata dalla sua stessa dimensione “americana”: “Voglio autenticità, contenuto, tecnica e unicità”. Mica poco nel contesto di una scena allargata (facciamo rap/trap, non solo rap) corrosa dai cliché. Cliché ahimè presenti anche fra i ragazzi, quasi tutti giovanissimi, che si sono dati battaglia a Napoli, Roma e Milano. Protagonista della prima puntata, senza dubbio, la Napoli di Geolier, Lele Blade e Rocco Hunt. Geolier si gioca bene i topoi partenopei, dai vicoli allo Stadio Maradona passando per “una periferia dove germogliano i sogni”. Fibra risponde con una Roma storica che lo ha consacrato rapper al Circolo degli artisti. Con lui si fiuta aria di storia e cultura, cosa che non avvertiamo quando ad esprimersi sono gli altri giudici, che sembrano implicitamente datare la nascita dell’hip hop italiano fra il 2004 e il 2005. Insieme a Fibra anche Squarta, produttore storico della scena romana. E poi c’è Rose Villain, in questa prima puntata coadiuvata da Ernia. I due parlano dalle vette di un palazzone che domina lo skyline della nuova Milano da sniffare, per capirci; molto hi-tech e fredda. Rose vede in questa Milano la New York dove vive, scrive e compone, ma forse è un po’ una forzatura. Vero che Milano è stata l’ultima capitale dell’hip hop italiano, ma il paragone con la Grande Mela – al quale si fa velata allusione – è scomodo. Abbiamo quindi tre giudici belli carichi che si misurano con territori altrettanto carichi di storia, odori e umori. A loro la scelta dei ragazzi che andranno a darsi battaglia a Milano per vincere i famosi 100K finali.
Le pagelle della prima puntata
Geolier, voto 8: sa cosa vuole e lo chiede senza risultare insopportabilmente saccente. È un ragazzo di strada che sa come parlare ad altri ragazzi di strada, spingendo non più del dovuto sul versante “mental coach”.
Concorrenti di Napoli:
Ciro Zero, 7: è uno di quelli che quando rappa non si capisce un caz*o a meno che non si viva entro un raggio di 50 chilometri da Napoli. Buona la famosa “attitude”. Geolier gli dice di “aggiungere un po’ di melodia” alla sua proposta e sinceramente fatichiamo a capire perché.
Christian Revo, 6: discorso simile a quello sopra, con la differenza che Christian appare più acerbo e indeciso.
O’ Tsunami, 6: qui si capisce tutto, ma i versi sono gangsta-lite con pochi guizzi seppur con buoni riferimenti (Biggie Smalls).
Kid Lost, 7: torniamo al dialetto e a una certa impermeabilità del testo. Ci fidiamo di Geolier e Rocco Hunt, che parlano di “rime e punchline assurde”. Noi cogliamo soprattutto l’approccio giusto che ci sbatte in faccia.
Rose Villain, 5. Si espone poco, probabilmente prenderà fiducia più avanti.
Concorrenti di Milano:
Yanni$, 6: alla fine è giustamente promosso da Rose e Ernia. Nulla per cui strapparsi i capelli, ma questo ragazzo originario della Guyana francese ci sa fare e cerca di instillare creatività in una ricetta già nota.
Gianmarco, in arte Glauco, 6: rapper di stampo molto classico. Fa la sua parte.
Xhovana, 5: di origini albanesi, è l’unica ragazza in gara. Cerca nel rap una via di affermazione dopo una transitoria esperienza come modella. Non impressiona.
Fabri Fibra, 9: Boh, saremo irrimediabilmente old school e per questo vi chiediamo anche scusa, ma l’atteggiamento di Fibra è platealmente hip hop e non figlio della cultura talent. Non se la mena con concetti astratti, mira bene dove sa che il rap risiede, ossia in un’esperienza personale che deve essere coraggiosamente comunicata in modo preciso e individuale. Schivando i troppi cliché, che alla fine sono solo tentazioni mortifere.
Concorrenti di Roma:
Spender, 7: il più anziano fra tutti i concorrenti (30 anni), si porta dietro 10 anni di dipendenza dalla droga e un flow lento e magnetico che però veicola barre “hot” un po’ anonime. Fibra capisce tutto e va al sodo: “Devi tirare fuori ciò che sei e sei stato, le tue emozioni”. Spender si schermisce: “Quando penso alla droga, provo ancora troppo dolore, se con la mente torno là vado in depressione”. Bel guaio, se l’obiettivo è anche quello di rendere la propria biografia unica e indimenticabile (pensiamo a un Massimo Pericolo).
Lehxon, NG: il momento torcibudella della prima puntata. Lehxon, giovanissimo, ci prova ma il motore grippa e non riparte più. Troppa emozione, troppa ansia. Tutti lo rincuorano suggerendo di mettere la museruola a queste insidiosissime schegge di panico puro. Lui si dà (severamente) del coglione per non aver nemmeno giocato la partita. Speriamo di rivederlo presto.