Ancora U2. Più li vedo più cado in deliquio. O delirio, fate voi. Non saranno i Rolling Stones che vanno ancora in tour a 80 anni - sir Michael Jagger ha un patrimonio di 500 milioni di dollari, ma “je serveno n’artro po’ de spicci” - e incidono un singolo con Lady Gaga. Non andranno perennemente in tour come Bruce Springsteen and The E Street Band - e poi il settantaquattrenne Bruce si becca una bruttissima ulcera: come si dice a Roma, la mia città natale, “tengheno botta”. Non c’è bisogno di amare gli U2 o il rock’n’roll, basta amare la Musica. La prima data del nuovo Achtung Baby Live at The Sphere a Las Vegas finora è lo spettacolo più superlativo e straordinario che un gruppo rock abbia mai realizzato. A Las Vegas, città creata dal nulla nel deserto del Nevada dalla criminalità organizzata statunitense, cercavano qualche cosa per ravvivare l’interesse degli abitanti. Già Mecca del gioco - ogni tipo di gioco - e dello spettacolo sin dai tempi di Elvis Presley, nasce qualche anno fa l’idea di costruire lo Sphere. Potete immaginare dove ho sentito e visto musica: a Roma, in Italia, in Europa e nel mondo. Questa esperienza, però, è davvero unica perché combina la fantasia e la passione europee alla supertecnologia Usa. Forse Paul Hewson, in arte Bono, a volte ha cali di voce e Dave “The Edge” Evans ha qualche problemino con la chitarra, ma il basso suonato da Adam Clayton e la batteria - ieri ho detto che la suonava il fondatore del gruppo, Larry Mullen Junior - ma al posto suo c’è l’olandese Bram Van De Berg, forse consigliato dal connazionale fotografo Anton Corbijn. Quest’ultimo lavora da anni anche con i Depeche Mode ed è cresciuto sentendo il gruppo. Forse per questo suona in modo magnifico, non facendo rimpiangere Larry, rimasto a Dublino con moglie e figli, per operarsi non si sa bene di che. Uno spettacolo per i diciottomila fortunati che hanno pagato svariate migliaia di dollari. La Madison Square Garden Entertainment ha fatto le cose per bene: per costruirlo ha speso 2 miliardi e 300 milioni di dollari che verranno ammortizzati, e monetizzati, sicuramente. Perché lì, oltre ai 25 concerti degli U2 - il mio primo Achtung Baby Live lo vidi in Olanda con colleghi, discografici e un giovane Eros Ramazzotti - si svolgeranno eventi e manifestazioni di ogni tipo. Mi chiedo se sia stato presente il critico, o uno dei critici, del New York Times che poche settimane fa aveva definito gli italiani Maneskin “l’ultima rockband”. Uno spettacolo che il mondo intero dovrebbe sentire e vedere e che spero potrà accadere. Mi auguro che qualcuno possa convincere Paul, Dave, Adam e Larry junior e, magari, suonare in predestinate città. Walk on walk on. I canarini del Frosinone allenato dall’ex giallorosso Eusebio Di Francesco riusciranno ad azzannare la Roma del più grande allenatore della storia del calcio? E pensare che i Friedkin hanno investito oltre 500 milioni – se di dollari o di euro non è dato sapere - nel progetto Roma. Però non si vede. L'Italia del rugby ha perso malissimo - 96 a 17 - contro la ritrovata Nuova Zelanda ma tutti sono certi che si rifaranno con la formidabile Francia, che gioca magnificamente capitanati da Antoine Dupont. Se lo dicono loro ci si deve credere? No.
Nello spettacolo c’è la mano dell'artista italiano Marco Brambilla, chiamato più volte a gran voce da Bono. Brambilla ha creato uno spettacolo incredibile sullo schermo circolare formato da centosessantamila Led. Tra i brani proposti c’è stato, in versione rivisitata e potenziata, Where the streets have no name, il primo loro brano che sentii in New Jersey – all’American Airlines Arena? - dopo che per diciotto anni gli Stati Uniti d’America mi negavano il visto per entrare, bruciando sul nascere la mia carriera universitaria. Grazie Zio Sam. Mi ha molto emozionato che Bono abbia citato il popolare mercato dell’usato Dandelion Market - ora Stephen’s Green Shopping Centre. In quel luogo, imberbe cronista non ancora votato alla musica ma appassionato pazzo, li sentii suonare giovanissimi e, finito il concerto, mi avvicinai timidamente al piccolo palco, poveramente realizzato con cassette di frutta. Gli dissi che ero un giornalista, ancora non musicale, che amavo molto il rock’n’roll e che per me sarebbero diventati grandi, molto grandi, scatenando il loro incondizionato entusiasmo e anche quello del loro manager di allora, il maltese Paul McGuinness. Quest’ultimo, quando suonarono a Torino, mi pagò, ovviamente dopo essersi consultato col gruppo, il biglietto aereo Roma -Torino - Roma, il soggiorno in un lussuosissimo albergo - poi chiuso anni dopo perché si scoprì che era di proprietà della mafia - una limousine a mia disposizione e una macchinetta elettrica per spostarmi nel concerto - avevo già da anni la sclerosi multipla. Inoltre, mi consigliò vivamente, e con lui Paul e Dave, di acquistare la casa di cui avevo parlato loro e dove abito dal 2011. “Good, on ground level, on ground level”. Grazie tante e sappiate sempre che... I will follow. Sarà una risata che li seppellirà.