Ilena Ilardo ha 30 anni, fa l’editor per una rivista d’oltremanica che si occupa di finanza. Parla benissimo l’inglese e spesso senza rendersene conto switcha la lingua e inizia a esprimersi con troppi anglismi. Quando se ne accorge chiede scusa e poi ricomincia a raccontarti i suoi progetti con quella passione che a trent’anni ti farebbe pure spostare le montagne. E lei qualche montagna, pian piano la sta spostando. Insieme a Giulia Vigna (un’art director) ha messo in piedi Megazinne, una rivista che – nomen omen – parla di tette e non lo fa con lo snobismo di un certo tipo di femminismo militante. Lo fa in maniera pop unendo alto e basso. Unendo la frivolezza della commedia sexy all’italiana a disamine politiche sulla centralità della donna in parlamento. Megazinne fa una narrazione positiva sul corpo della donna e arriva dritto al punto. Fa anche beneficienza, ma di questo parleremo più avanti.
Ilena, siamo entrambi romani e foneticamente parlando abbiamo un problema con la zeta dolce. Se pronunciamo noi Megazinne esce fuori una cosa a metà strada tra René Ferretti e Alvaro Vitali.
Devo dirti che in realtà questa cosa mi piace molto. Abbiamo puntato dal primo momento a un approccio che non fosse troppo serio. Nessuno nega che nelle zinne ci sia un lato erotico e divertente alla Alvaro Vitali, ed è uno degli aspetti che trattiamo. Il nome è molto pop alla Boris, come dici tu. Ma le zinne sono pop, catturano l’attenzione e gran parte del successo della rivista deriva proprio dal nome che abbiamo scelto.
Quindi possiamo dirlo: Megazinne si pronuncia alla romana, con una zeta forte e doppia.
Ma io non sono la persona con la fonetica migliore del mondo, non prendetemi come esempio (ride ndr).
In una tua vecchia intervista ho trovato questa dichiarazione: “…e poi le tette sono belle. Che je voi dì? Partiamo da qui per raccontare la rivista.
Sono una grande fan delle tette. Ce le ho e per me sono delle normalissime appendici del mio corpo, come potrebbero essere i lobi delle mie orecchie. Poi ammettere che le tette siano qualcosa di bello non esclude anche una serie di significati che spesso escono dal semplice essere una parte del corpo, ma diventano qualcosa di più simbolico: penso alla femminilità, alle maternità e a una serie di concetti astratti che hanno poco a che fare col corpo e sono più culturali. Diciamo che noi usiamo la parte per il tutto e le tette diventano una scusa per parlare di temi in maniera diversa in un mondo in cui il corpo femminile è iper sessualizzato.
Quindi il corpo della donna che si fa messaggio e messaggero… in un’epoca in cui serve una narrazione diversa della donna.
Assolutamente sì. Nel primo numero abbiamo trattato la censura, la religione, la cultura pop e la salute. Abbiamo affrontato tematiche sulla questione di genere e la sessualità. Abbiamo raccontato cosa significa portare il velo nella cultura musulmana e come questo impatta sulla femminilità. Nella parte sulla salute parliamo del tumore al seno e spieghiamo che proprio perché colpisce una parte così simbolica è così traumatico. Nel secondo numero usiamo le tette per parlare di altro: stupri, politica, media. Cerchiamo di spaziare in tanti ambiti, partiamo dai dati, cerchiamo di capire cosa ci dicono e poi ci costruiamo sopra una narrativa. Che poi suppongo sia quello che occorre fare in generale quando si scrive.
Le tette sono di destra e il culo di sinistra. Sono anni che cerco di capire questa diceria…
A livello personale ho le tette grosse e ho avuto ragazzi di destra e di sinistra quindi non ho riscontrato una dominante tendenza politica nel loro apprezzamento. Però capisco perché si dica che le tette sono di destra, direi che derivi dal berlusconismo.
Dal Berlusconismo?
Si perché abbiamo questa idea delle donne maggiorate dagli anni 80-90-2000: le soubrette, la tv commerciale, il modello “Drive-In”, le tette grosse.
Avete 10mila follower su Instagram, ma Instagram ha un problema con le tette. Anzi coi capezzoli. Come lo vivete?
È un continuo sfidare l’algoritmo. Siamo dichiaratamente anticensura, ma dobbiamo accettare le regole dei social e se metti un capezzolo visibile ti viene censurato il post. Ci hanno già segnalato diverse volte e vivo nel terrore che prima o poi mi chiudano il profilo.
Siete attenzionate come si dice nelle questure…
La motivazione che dà Instagram è che essendo un social presente in tutto il mondo deve rispettare la sensibilità di tutte le culture e quindi i capezzoli non si possono pubblicare. Ma è una paraculata, un nascondersi dietro un dito perché tante altre cose sono accettate da Instagram, ma potrebbero offendere altre culture.
Tipo cosa?
Per esempio le armi. Ma comunque torniamo sempre al solito discorso: all’iper sessualizzazione del corpo femminile e al rendere responsabile la donna solo perché eccessivamente femminile.
Dietro la rivista c’è anche uno scopo nobile…
Con il primo numero abbiamo raccolto fondi per LILT (Lega Italiano per la Lotta contro i Tumori) e in particolare abbiamo scelto LILT Firenze perché sono specializzati nel tumore al seno e lavorano molto con le donne anche sull’aspetto psicologico, mettendo in piedi molte terapie interessanti. Per loro abbiamo raccolto circa 12 mila euro e continueremo a farlo mettendo a disposizione il primo numero in formato digitale e rendendolo scaricabile con una libera donazione.
Vuoi dirmi chi aiuterete con il secondo numero?
Certo. Raccoglieremo fondi per D.i.R.e. Donne in rete contro la violenza. Hanno 80 centri in tutta Italia e danno sostegno a 360 gradi. Dall’aspetto psicologico a quello legale.
Dove si acquista la rivista?
Su www.megazinne.it e ve lo spediamo a casa.
Sul nuovo numero c’è un bell’approfondimento politico. Si chiama Capezzoli in parlamento.
Ho chiesto a Spaghetti Politics di spiegare in maniera pop perché è importante che ci siano delle donne nel parlamento a prescindere dalla questione morale o di diritto. È importante che ci sia una rappresentanza femminile anche per prendere decisioni pratiche. Perché ci sono leggi che riguardano il corpo delle donne, penso all’aborto o alla Tampon tax. E poi ho pensato che sarebbe stato interessante proporre profili di tre politiche di successo: la Ocasio Cortez, la Lagarde e Ellen Johnson Sirleaf.
C’è anche una bella riflessione su Giorgia Meloni che “segue un modello di politica in cui le donne, per poter esistere dentro a un sistema di potere così maschile, devono essere più feroci degli uomini e questo di fatto porta alla decostruzione di un modello di centralità femminile”. Se vuoi la Meloni con i suoi atteggiamenti urla al mondo: sto qui perché ho le palle e non perché ho le tette.
Io non so cosa pensi di sé Giorgia Meloni. Ma di certo non si percepisce come una femminista. Sicuramente ha interiorizzato un sistema maschilista che la pone in continua lotta con la sua figura femminile. E questo la porta a fare l’uomo. O meglio a fare ciò che si pensa che debba fare l’uomo. Di quanto lei se renda conto non lo so, ma la mia analisi è questa.
Ogni generazione ha un suo legame culturale con le tette. La nostra passa per i videogiochi e le serie TV.
Tomb Raider è un ottimo esempio. Rappresenta le tette in un’epoca in cui il porno non era facilmente reperibile e per questo motivo si utilizzavano le tette per attirare l’attenzione. Poco tempo fa abbiamo parlato dei capezzoli di Rachel di Friends che sono spesso evidenti e per molti rappresentano un piacere proibito, come se lei non se ne accorgesse. Ma è un’operazione fatta consapevolmente da chi realizzava il “prodotto Friends”. Le tette sono pop perché vengono usate per attirare l’attenzione.
Chiudiamo con un gioco. Scegli, motivandola, una di queste frasi: I tuoi seni sono come due cerbiatti, gemelli di una gazzella, che pascolano fra i gigli. (Cantico dei cantici, antico testamento); Sotto la quarta non può essere vero amore (Claudio Bisio); Sono fiera delle mie ragazze. Sono i miei amuleti, le mie armi di seduzione femminile. (Scarlett Johansson, a proposito dei suoi seni)
Scelgo Scarlett perché ho le tette grosse e stimo il fatto che lei sia riuscita a farne un’arma di seduzione senza diventarne vittima. Molte donne col seno grosso crescono esposte a un’attenzione eccessiva di uomini spesso molto più grandi e questo le porta a nascondersi, chiudersi, vergognarsi. Quindi quel momento in cui sei consapevole di chi sei e non colpevolizzi più il tuo corpo è un’ottima cosa.