Un viaggio riservato, pianificato nelle ultime ore per motivi medici. Francis Ford Coppola è arrivato a Roma martedì 5 agosto intorno alle 13:30, con un volo intercontinentale dagli Stati Uniti. Il regista, 86 anni, è stato trasferito direttamente dall’aeroporto di Fiumicino al Policlinico Tor Vergata, dove è attualmente ricoverato per essere sottoposto a un intervento al cuore. Fonti sanitarie confermano che Coppola si trovava in Italia per una procedura già programmata: un’ablazione della fibrillazione atriale, disturbo cardiaco che lo affligge da tempo. Tuttavia, al momento del ricovero, i medici hanno riscontrato un episodio acuto di aritmia, probabilmente legato allo stress del viaggio. Le sue condizioni sono stabili, ma i sanitari hanno scelto di rimandare l’operazione per procedere con un monitoraggio più approfondito. È stato lo stesso Coppola a rassicurare i fan con un post pubblicato sui social: “Dada (come mi chiamano i miei figli) sta bene”, ha scritto, spiegando di essere a Roma per aggiornare la sua terapia, dopo oltre trent’anni, sotto la supervisione del cardiologo Andrea Natale, da lui definito “un grande medico italiano”. “Sto bene!”, ha aggiunto, ricevendo messaggi di affetto da parte di chiunque, tra cui Sharon Stone: “Ti amiamo, dolcezza”.

Il regista de Il Padrino, Apocalypse Now e La conversazione era apparso in pubblico pochi giorni prima, a Portland, per presentare il suo ultimo film Megalopolis. Poi il trasferimento in Italia, gestito con la massima riservatezza: prelevato da un’ambulanza privata a Fiumicino e condotto direttamente al Policlinico Tor Vergata, senza alcuna apparizione pubblica o sosta in hotel. La permanenza, salvo complicazioni, dovrebbe durare pochi giorni. Coppola è legato profondamente all’Italia, alle sue radici lucane a Bernalda e alla cultura del nostro Paese. Ma stavolta il suo ritorno non è stato per il cinema. Ma se la sanità italiana va così male come qualcuno vuole sempre insinuare, perché premi Oscar del calibro di Coppola vengono a farsi curare proprio qui? La risposta è semplice: perché, nonostante tutto, in Italia le eccellenze ci sono. La sanità pubblica è afflitta da decenni di tagli, carenze strutturali, liste d’attesa interminabili, eppure, per chi può permetterselo o sa dove rivolgersi, restano attivi centri d’avanguardia, medici riconosciuti a livello internazionale, reparti che competono con i migliori del mondo. L’intervento di Coppola è avvenuto in un centro specialistico di altissimo livello, guidato dal cardiologo Andrea Natale. Ed è solo uno dei tanti esempi che dimostrano come in Italia, accanto a un sistema in affanno per milioni di cittadini, convivano isole di eccellenza assoluta, spesso però accessibili solo a pochi.

Secondo il ranking internazionale di Newsweek, il miglior ospedale italiano è il Niguarda di Milano, 37esimo al mondo, seguito dal Gemelli di Roma, il San Raffaele, l’Humanitas, il Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Borgo Trento di Verona, l’ospedale di Padova, il San Matteo di Pavia e il Sant’Andrea di Roma. A seguire, anche Careggi a Firenze, il policlinico di Modena, e le Molinette di Torino. Ma queste classifiche non includono reparti super specialistici come quello in cui è stato accolto Coppola. In Italia, infatti, si distinguono reparti che rappresentano un riferimento mondiale nelle rispettive discipline: la senologia dell’Ieo di Milano, fondata da Umberto Veronesi; il centro pancreas di Verona; il reparto trapianti di Torino; la ginecologia del Gemelli; l’urologia del Careggi; la neurochirurgia del Besta. Realtà di altissimo livello. Da un lato, gli ospedali affollati, gli infermieri insufficienti, i medici esausti e i pazienti che aspettano mesi per una visita. Dall’altro, le eccellenze che attraggono premi Oscar, sceicchi, manager e Vip internazionali. Il caso Coppola lo dimostra: chi ha risorse e contatti può scegliere l’Italia come terra di cura. Gli altri aspettano. Servirebbe una visione strutturale, investimenti, stabilità e risorse, per fare in modo che ciò che oggi è riservato all’élite, domani sia accessibile anche a chi non gira Il Padrino, ma magari aspetta sei mesi per un’ecografia.