Fuori Marco Castoldi, dentro Beatrice Venezi. Al ministero della Cultura di Gennaro Sangiuliano (per ora?) non c'è posto per Morgan, nonostante le promesse di Vittorio Sgarbi - sottosegretario, che all'occorrenza sminuisce il ruolo di “consigliere” musicale assicurandogli altri ambiziosi ambiti (vedi ruolo nelle Università e formazione). Così passata la delusione iniziale (“Ho pianto per l'umiliazione”nda) il “Morgan di governo” (sostenuto anche da Zucchero) offre persino la sua spalla alla neo nominata (“direttore” d'orchestra), e tutt'altro che rassegnato ribatte al decano dei giornalisti musicali Paolo Zaccagnini, che l'aveva punzecchiato nella nostra intervista: “Morgan? Capirai...Consulente de che? Giusto questo governo può fregare. Poi parla di quote di musica italiana nelle radio, ma se ci so già da anni…”
A ogni modo il “battitore libero”, forse galvanizzato dalle nuove speranze dell'amico - critico d'arte, finisce anche per spiegarci la sua sfumata riforma per la musica, che va dalla Rai alla scuola, dalla discografia alla radio. E invita lo stesso Zac a un costruttivo scambio di idee...
Morgan, Zaccagnini la bacchetta sulle quote radio...
Questo è delegittimare chi ha buoni propositi! Mi critica per questa questione perché ha un'opinione diversa? Bene, discutiamone, ma non è il punto principale. Sta strumentalizzando un progetto globale che partiva da ben altro.
Si spieghi meglio
Innanzitutto rafforzare l'idea che deve esserci un servizio pubblico responsabile, per diffondere cultura e non spazzatura, quindi basarsi sul livello qualitativo e non quantitativo, perché esiste un canone e bisogna restituire coscienza agli italiani che pagano una tassa obbligatoria. In parole povere abbiamo diritto a una programmazione di livello. Non possiamo pensare solo al fattore numerico, che riguarda le organizzazioni di commercio libero e non statali. Quindi, caro Zaccagnini, si legga gli obblighi di uno statuto del servizio pubblico. Anzi, se preferisce le condivido i punti in questione, anche a beneficio dei lettori, visto che sono ben informato, a differenza di altri. E forte dei cardini morali e culturali di un organismo come la televisione e la radio riporto il discorso ad aspetti che sono stati completamente defalcati.
Quali?
Ad esempio le orchestre della Rai, che erano sei per ogni sede, e questo significa che i giovani dei conservatori avevano un lavoro garantito e anche la qualità musicale delle trasmissioni era garantita. Non a caso abbiamo nostalgia di quei programmi degli anni '60 con Mina, Giorgio Gaber, Lucio Battisti, Sergio Endrigo, che cantavano dal vivo. E Gianni Boncompagni e Renzo Arbore e ancora tanti altri. Trasmissioni ben fatte perché si vedevano i cavi, e non fregava a nessuno del microfono nell'inquadratura, perché serviva per la qualità della registrazione audio. Oggi, e lo dico per esperienza, visto che faccio televisione, ti forniscono di microfono scadente che non si vede, a rischio di sbagliare, quindi si va in diretta con un suono mediocre e solo per estetica. Nella stessa maniera, quando richiedo un pianoforte per la performance, arriva un piano elettrico dalla qualità dozzinale, per non ingombrare. E sapete qual è il paradosso? I pianoforti li conservano stivati nei magazzini, e quando non c'è più posto finiscono al macero. E parliamo di pianoforti acquistati dalla Rai e quindi dai cittadini. Ma anche il mondo radiofonico deve essere attenzionato. La canzone è cultura nonché la forma musicale in assoluto più diffusa in tutto il mondo. Quindi la forma canzone andrebbe formalizzata e inserita nei conservatori. A tal proposito avrei fatto di tutto purché diventasse oggetto di studio e non solo ad appannaggio del mercato.
Il mercato è comunque una risorsa
Sì, ma abbiamo visto che fine fa. Una canzone povera armonicamente diventa povera anche nel messaggio, con un testo che magari parla di puttanate. E sono d'accordo con Zaccagnini nel considerare abbassato il livello della musica sia italiana che internazionale. Ma dovremmo oltrepassare la produzione, ossia togliere alla discografia, quindi ai direttori artistici delle case discografiche che spesso occupano una posizione senza titolo di studio, l'arbitrio di scegliere chi va a Sanremo e chi va in radio, e imporre invece uno spazio per i musicisti meritevoli. Ma ci pensate? L'Italia è una potenza artistica dove la musica non rientra nel Codice dei beni culturali. I cambiamenti sono necessari.
Cambiamenti anche nella formazione?
Certo, non è possibile che al liceo o qualsiasi altra scuola superiore si diplomino ragazzi che non hanno mai sentito nominare Giacomo Puccini, Ruggero Leoncavallo, Domenico Cimarosa, Claudio Monteverdi, Gioachino Rossini, Giuseppe Verdi... Non conoscono l'opera, i librettisti, non sanno nulla di musica. Insomma, la riforma della musica che avevo in mente avrebbe valorizzato ciò che è stato sommerso, quindi il grande patrimonio italiano. E anche della musica pop, come di Luigi Tenco, Bruno Lauzi, Umberto Bindi, risalente agli anni '50 e sconosciuto agli adolescenti, per una mancata tutela dei nastri. Per cui, nomina a parte, caro giornalista, sei in torto marcio. Ma andiamo oltre, nonostante la mer*a che mi hai riversato, se sei interessato a propormi delle idee, scrivimi pure, io ascolto sempre tutti, a differenza tua.