Il 2020 sarà ricordato come l’anno dell’incertezza e delle continue sorprese, quello capace di ribaltare le convinzioni e di far emergere aspetti nascosti, qualità inespresse e fenomeni sempre nuovi. Per molte categorie professionali è stato il momento per trovare nuovi stimoli, per rigenerarsi o inventare qualcosa di nuovo. Una lunga pausa che non è servita solamente per riempire le tante giornate ‘morte’ ma per riflettere e riscoprire se stessi. Una delle iniziative recenti che ci ha colpito di più è stata Pauhaus, non soltanto per il geniale gioco di parole tra Pau, il nome del frontman dei Negrita, e Bauhaus, la corrente artistica tedesca sviluppatasi all’inizio del Novecento e anche la nota band inglese post-punk: la rockstar toscana ha infatti aperto una galleria on-line dove mostra e vende alcuni disegni realizzati a mano proprio durante il 2020. Per farci raccontare meglio quest’ultimo progetto creativo e molto altro, lo abbiamo intervistato.
È passato quasi un mese dal lancio di Pauhaus e so che sta andando alla grande, cosa puoi dirci di più? Ti aspettavi questo successo?
In realtà non avevo preventivato niente, ho cominciato a presentare i miei lavoretti prima su Instagram un annetto fa, ma quasi per scherzo, disegnavo nei momenti in cui la musica mi concedeva del tempo libero, ed ho incontrato subito il favore dei fan dei Negrita. Poi la cosa è andata avanti, i ragazzi che mi seguono musicalmente hanno conosciuto quest’altra faccia di me e sin da subito, per i fan credo sia abbastanza naturale, hanno iniziato a sponsorizzare questa mia seconda attività, chiedendomi se fosse possibile comprare i disegni e se avessi intenzione di fare delle mostre. All’inizio ci ridevo sopra, poi pian piano ho cominciato a crederci e a lavorarci assiduamente durante il lockdown quando mi sono ritrovato senza lavoro musicale. Mi sono detto che la mia creatività deve comunque uscire da qualche parte, se non su sul palco su un foglio. Poi incentivato da amici artisti mi sono deciso ad aprire il sito, in fondo ho sempre disegnato fin da bambino senza però aver dato continuità alla mia passione. È stato come pubblicare un disco ed è andata benissimo, la mia fan base mi ha supportato molto e sono riuscito a vendere tante copie. La soddisfazione è tanta, sinceramente non mi sarei mai aspettato che avrei mai messo in commercio dei miei disegni.
Volevo proprio chiederti questo: com’è stato per te il 2020 come artista e come persona? Sei tra quelli che hanno approfittato delle lunghe pause forzate per riscoprire vecchie passioni oppure tutto ciò ti ha paralizzato? Mi sembra di trovarti nella prima categoria.
Assolutamente, questo nuovo progetto mi ha salvato molto. Musicalmente mi sono un po’ arenato, non ho scritto quasi niente negli ultimi dieci mesi. Mi sono ritrovato di botto in uno spazio intimo e delimitato, nello studiolo nella mia casa in campagna, immerso nel verde, con sole due piccole finestre che danno sull’esterno. Per uno come me, abituato a vivere sul palco con migliaia di persone sotto, a viaggiare tutti i giorni, poteva diventare una prigione e rischiavo di sentirmi un uccello di bosco in una gabbietta, in realtà questa cosa ha fatto scorrere il tempo in maniera leggera, mentre il tutto fuori sembrava impazzito e incontrollabile.
Come un micro universo dove ti sentivi protetto...
Si, mi ha fatto trascorrere il tempo bene, ho iniziato una full immersion lavorando ogni giorno, sette giorni su sette, tanto ormai i giorni sono spariti e dal lunedì alla domenica non fa differenza. Questa quarantena intesa come isolamento mi ha dato la possibilità, mentre il mondo sembrava allo sbando, di controllare questa mia piccola cosa e renderla preziosa, ma anche ha aiutato perchè non avendo né la voglia né la possibilità di uscire ho evitato ogni contaminazione esterna.
Che ne dici di parlare un po’ di Sanremo? Che ne te pare dei nomi dei concorrenti della prossima edizione che appena usciti? Sembra più la lineup del MI AMI...
Non so chi ci sia, devo dirmelo tu perchè non ho seguito niente…
Ci sono molti nomi un po’ sorprendenti, penso solo ai Coma Cose, a Willie Peyote, Fulminacci. Una edizione più indie. E in più Fedez Ti sarebbe piaciuto essere inserito in un lista del genere?
Non si vive di solo Sanremo, noi l’abbiamo fatto due volte, ed è sempre stata una tappa in un cammino più lungo e definito, anche se il Festival rimane comunque l’evento mediatico più importante in Italia. Per noi non è mai stata una fonte essenziale di sostentamento, abbiamo avuto una carriera ben avviata al di fuori di Sanremo. È un contenitore nazional popolare dove, di solito, gravitano artisti che non hanno una carriera di live come altri musicisti, per taluni può considerarsi un’ultima spiaggia, utilizzato prevalentemente da nuove leve o da gente che ha bisogno di una certa esposizione mediatica per non rischiare che la propria carriera subisca un trauma importante. Mi suona strano però sentire il nome dei Coma Cose. Fedez, fa per caso un duetto con qualcuno?
Si, con Francesca Michielin.
Ah beh, allora è lei più ‘l’artista sanremese’ tra i due. Fedez lo vedo come l’ospite importante. Noto un po’ come tutti che negli ultimi anni è tornata la dimensione che esisteva tempo fa, o addirittura decenni fa, e cioè che ‘se non sei in televisione quasi non esisti’. Quelli della mia generazione invece, le band anni ‘90, hanno sempre rifiutato il Festival di Sanremo perchè troppo pop, troppo becero.
Però voi avete partecipato neanche due anni fa.
Per noi è stato un passaggio relativo, ci siamo resi conto che non è il nostro palcoscenico, non rendiamo come vorremmo. È un cotto e mangiato: sali sul palco, esegui un pezzo e scendi, in mezzo a tanti artisti, fai chiacchiere, ospitate, pubblicità a brand. Comunque, il Festival per molti punti di vista rimane un evento opinabile, per altri meno vista l’esposizione mediatica. Mi rendo conto che ultimamente, con l’avvento dei talent, ormai la musica è cambiata tantissimo e non necessariamente in meglio. Molte band, come si diceva una volta, ‘underground’ come i Coma Cose hanno capito che può essere comunque una ribalta. Chiunque può andare a Sanremo e cavarsela bene, c’è chi riesce a sfruttare il pezzo giusto e se la riesce a giocare, chi invece riesce a essere solo di passaggio. Noi ad esempio avevamo la stessa dimensione prima e dopo Sanremo, ma invece penso ad altri come Bugo a cui può svoltare una carriera. Glielo scrissi via messaggio l’anno scorso, dopo il casino con Morgan: lui era molto amareggiato, ma io gli dissi che se fosse riuscito a giocartela bene sarebbe stato come averlo vinto il Festival, ma poi è stato sfigato, dopo anni di gavetta, perchè nel 2020 si è fermato tutto ed è stato vanificato quello che avrebbe potuto fare di buono, come la tournèe.
A proposito di talent, se oggi avessi 20 anni proveresti ad entrare nel mondo della musica attraverso questa strada?
Sicuramente mi interessano perchè è il mio settore, mi capita di seguire X Factor visto che mia moglie e mia figlia lo guardano. Mi interessa per capire dove sta andando il mondo della musica, in giuria ci sono tanti miei colleghi o gente della mia età. Sui talent si possono dire tante cose positive e altre negative. Per quanto riguarda me a vent’anni non te lo so dire, sicuramente se tornassi indietro avrei un altro approccio, starei attento alle conseguenze della partecipazione ad un talent: ad esempio X Factor ti da un’esposizione galattica, vieni catapultato in poche settimane da ‘aspirante qualcosa’ a ‘rockstar’, è un bellissimo sogno che però rischia di diventare incubo. A vent’anni non hai la testa per capire di che esperienza si tratta e può finire per rovinarti facilmente perchè non è facile controllare le aspettative. Quello che sarebbe interessante sapere è: quanti sono stati messi nell’altare dopo pochi mesi e poi subito spariti o dimenticati con facilità?
Se dovessero chiederti di fare il giudice lo faresti?
Io di solito vengo giudicato, quindi sarebbe una cosa esattamente contraria, ma me l’hanno già chiesto di partecipare in vesti simili, però finchè ho da fare con la musica preferisco di no, vorrei pensarci più in là. Senza denigrarlo come mestiere, perchè è un compito molto impegnativo, è un lavoro a tutti gli effetti.
Ti piace la musica che va di moda oggi, quella dei cosiddetti trapper?
Ho sempre seguito sin dagli inizi il rap americano, mi piace molto l’old school e passo pezzi rap quando faccio il deejay, quando ho tempo, come i Beastie Boys e gli Africa Bambaataa per esempio. Con la mia generazione è nato il rap italiano che conosciamo, tipo 99 Posse, Frankie Hi-Nrg Mc, anche Jovanotti se vogliamo. L’immaginario mi piace molto, anche il mondo dei graffiti che è connesso. La deviazione sulla trap l’ho seguita un po’, il boom italiano mi ha sorpreso molto, ci sono cose affascinanti e molte altre senza alcun appeal. Molti ragazzi hanno trovato la chiave di volta per uscire dall’anonimato e coronare i propri sogni però musicalmente diciamo che non mi alzo la mattina per ascoltare la trap.
E se dovessero proporti di lavorare con uno di loro?
Non vedo il contatto tra i due mondi, in questo momento. Ho avuto a che fare con tanti artisti diversi, penso a Clementino, però lo valuterei sicuramente. Non è la mia aspirazione, ma se ci fosse un motivo o un tema che mi piacerebbe sviluppare potrei sicuramente metterci mano, o bocca nel mio caso.
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