Arriva il 4 dicembre 2020 in tutte le radio, il nuovo singolo “Quando impazzirò” tratto da “Cristian Bugatti”, l’album di Bugo pubblicato da Mescal/Sony Music Italy il 7 febbraio scorso, quando ancora nessuno di noi poteva immaginare che cosa ci avrebbe riservato questo inimmaginabile 2020. “Lo sai nessuno prega per davvero fino a che l'aereo è dritto” e nessuno di noi pensava di dover cercare una spiritualità che (forse) nemmeno credevamo di avere, con il dubbio quotidiano d’impazzire, rinchiusi in casa senza nemmeno poter andare a bere un caffè o “una birra analcolica”, citando il testo della canzone. D’altronde la pazzia è un’alterazione (mentale) che distorce quello che la maggior parte del mondo vede e sente nel presente. Partendo da questo presupposto, oggi impazzire significa tornare alla “normalità” di ieri, tornare a fare quello che ci pare, dalle abitudini più semplici fino a “uscire con gli slip in piazza di domenica”.
Perché impazzire in fondo è bello: impazzire per qualcosa o per qualcuno, provare quella voglia di lasciarsi andare, di svuotare la testa, lasciando sul pavimento voce e sudore, mentre sei a un concerto: “Puoi dirlo pure a lui che vive di Guccini e di De André e tu che fai Y.M.C.A”. E poi le pazzie più grandi si fanno per Amore, vero punto focale del brano: “E io ti voglio bene tanto bene troppo bene”; quell’Amore che è il fuoco folle che ti fa sentire giovane, anche se hai perso il conto dei lustri passati: “E io ti avrei sposato io l'altra sera in macchina”.
Per presentarci questo elogio alla pazzia “sana” abbiamo intervistato Bugo spaziando anche su altri temi, come il periodo davvero folle, per rimanere in argomento, che sta attraversando il settore della musica.
Insomma, per un periodo folle ci voleva una canzone folle.
Ci sembrava la scelta più appropriata, rispetto al precedente “Mi manca”. Ho sempre abituato il mio pubblico ad aspettarsi cose diverse da me, quindi “Quando impazzirò” mi sembrava adatta al momento che stiamo vivendo. Non parla nello specifico dell’impazzimento da lockdown, ma siccome vivo nella realtà e cerco di proporre canzoni in cui la gente possa riconoscersi, mi sembrava la più giusta. Non a caso quando è scoppiata la pandemia ci dicevamo che tra qualche mese la tenuta psicologica ne avrebbe risentito ed eccoci qui. Speriamo che il vaccino ci tranquillizzi un po’.
Anche il video non è proprio “normale”, vista a sua durata extralarge di 8 minuti.
L’idea segue sempre lo stesso stile, chi mi segue lo sa. Puoi essere mio fan da sempre o solo di due canzoni, ma sai che ti proporrò qualcosa di inedito. Non avevo mai fatto un video così lungo, però mi sembrava in linea con il periodo, visto che abbiamo più tempo e siamo tutti in attesa di un ritorno alla normalità. E poi, diciamocela tutta, ora vanno moltissimo tutte le nuove piattaforme come Youtube o Netflix, per cui ho cercato di dare qualcosa di più all’ascoltatore. In questo è stato fondamentale il regista che ha fatto un lavoro egregio.
Come vivi questo azzeramento dei live e in generale i problemi del settore degli spettacoli che è tra i più colpiti dalla pandemia?
L’industria dello spettacolo ha incassato il 77% in meno rispetto all’anno prima, dati del Sole 24 Ore. Parliamo di una catastrofe senza precedenti. Ho amici nel mondo dello spettacolo che hanno cambiato lavoro e mi sembra la prima volta che accade con questa frequenza. È innegabile poi che esista la tragedia della chiusura dei locali, per me che vengo da quel mondo è doloroso vedere la sparizione di realtà che erano magiche. Una volta aspettavamo il venerdì o il sabato solo per andare in un club ad ascoltare un po’ di buona musica.
A un giovane che inizia a fare musica oggi cosa consiglieresti?
Per quanto mi riguarda, se fossi un esordiente della pandemia un po’ me ne fregherei. Non che se ne deve fregare delle conseguenze drammatiche, ma avendo meno carriera alle spalle, pressioni, investimenti, sovrastrutture, dovrebbe concentrarsi sulla scrittura delle canzoni. Avete più tempo per scrivere? Fatelo! Credo che in questo momento siano più in difficoltà artisti maggiormente affermati, che magari alle loro spalle devono mantenere dalle venti persone in su.
In questa visione ottimistica ha influito la tua permanenza per quattro anni in India?
No, anche perché sono andato là per motivi di lavoro di mia moglie, non per ritrovare me stesso. In tutta franchezza, quando dicevo questa cosa ai giornalisti ridevano: "Non voglio ritrovarmi, voglio perdermi". Non ho mai avuto necessità meditative. Ho un carattere tutto sommato equilibrato, quindi riesco a stemperare le difficoltà. L’India mi è piaciuta per altri motivi, per certi aspetti della vita quotidiana. Ma la pandemia non mi è pesata, perché alla mattina alle 9 non devo andare in ufficio. Mi sono goduto di più mia moglie, il bambino e ho lavorato tantissimo.
La tua carriera è ricca di cambiamenti, ma sono ancora tanti i fan che rimpiangono il tuo passato, in particolare i dischi d’esordio. C’è qualcosa che manca anche a te di quel periodo?
Non vivo di rimpianti. Tutte le scelte nella mia vita sono state oneste con me stesso. Non voglio tornare com’ero, mi godo la mia età. A 20 o 30 anni avrei risposto nello stesso modo. Lavoro con la mia musica e la mia creatività per non avere rimpianti, per anticipare i tempi. Non è snobismo, sono solo curioso. Mi chiedo sempre: come sarò tra un anno? Alcuni miei fan rimpiangono il vecchio Bugo, ma succede anche con Vasco per Colpa d’Alfredo o a Bob Dylan che lo chiamano ancora “il menestrello” quando non lo è più dagli anni ‘60. I dischi del passato ci sono, ascoltate quelli. Sarei ridicolo e patetico se rifacessi quelle cose. Infatti, non ho mai fatto nessuna operazione nostalgica. Quando mi mandano foto o video di 15-20 anni fa mi rivedo con gioia, ma non tornerei indietro. Sono soddisfatto della mia carriera, che è ancora all’inizio.
Eppure, i giovani oggi fanno un disco e si sentono tu arrivati, mentre tu parli come se fossi un eterno esordiente.
Non voglio sentirmi arrivato. Prima di Sanremo ho scritto un post dove dicevo di sentirmi contento di esserci arrivato dopo 20 anni, mi faceva sentire ancora una volta un esordiente. Essere in un ambiente che non conosco, fuori dalla solita comfort zone, mi fa bene. Mi sento onesto, leale, con i piedi per terra, non prendo in giro nessuno, sono umile rispetto al mio lavoro, mi sentirò sempre un esordiente a vita. E poi riconosco questo atteggiamento a tuti i miei eroi, come Vasco o Celentano. È vero che oggi un 20enne fa un disco e si sente chissà chi, ma ognuno raccoglie quello che ha seminato.
Ti piacerebbe fare un duetto con Vasco o con Celentano?
Non ci penso, in particolare con i miei eroi. Se Vasco o Celentano me lo chiedessero è chiaro che non potrei dire di no, però non è qualcosa che inseguo. Non c’è quel desiderio di fare qualcosa per forza con i miei eroi. Mi va bene che rimangano tali.
E invece con un giovane, magari della trap?
La trap per me è come la musica anni 80 più becera. Quando ero un pischello la si ascoltava e salvo solo i Duran Duran, infatti non tutti sentivamo i Beatles. Quindi funziona perché ai giovani piace quella roba lì. Fra i trapper apprezzo Ketama126, che ha un modo di essere che mi piace. Io ho scritto 6-7 brani ascrivibili al rap e se ci fosse la possibilità di collaborare, perché no?
Ho visto sui social che ti alleni sempre palleggiando anche in casa.
L’ultima volta ho giocato a calcetto a settembre, poi abbiamo dovuto interrompere. Continuo ad allenarmi, anche stamattina, perché l’attività fisica mi aiuta a sentirmi più equilibrato, che è un parolone per un artista. Come dice Vasco “è tutto un equilibro sopra la follia”.
Da grande tifoso juventino, quale delle tue canzoni dedicheresti a Pirlo in questo momento altalenante?
“Come mi pare”, dell’ultimo disco. Vorrei dedicargli “Me la godo”, ma è meglio quando vinceremo qualcosa. Io ero un sarriano, ma Maurizio Sarri credo sia stato un po’ sfortunato tra la pandemia e giocatori non adatti al suo gioco. Il suo esonero mi è spiaciuto, ma per Pirlo ero felice. Quello che ha in mente non si sta ancora realizzando, ma “fare come gli pare” mi sembra il modo migliore per rivolgersi anche verso chi lo critica.