È passata inosservata la candidatura agli Oscar di “Nickel Boys”, film di RaMell Ross adattamento dell’omonimo romanzo di Colson Whitehead (disponibile in Italia su Amazon Prime Video). Il lungometraggio, nominato agli Oscar nelle categorie “Miglior film” e “Miglior sceneggiatura non originale”, è uno degli esempi più intensi e significativi di una delle pagine più dolorose della storia americana, raccontata attraverso gli occhi di un giovane afroamericano. Con “Nickel Boys” (tradotto in italiano come “I ragazzi della Nickel”) Whitehead ha vinto il suo secondo premio Pulitzer. Con la trasposizione cinematografica del romanzo, ispirato a una storia realmente accaduta, è stato aggiunto un altro tassello all’importanza che questo film dovrebbe avere (ma sembra non aver avuto) nella cinematografia odierna.

Al di là degli aspetti più tecnici, tra cui la ripresa soggettiva, che porta lo spettatore a immedesimarsi dolorosamente nella storia del protagonista (e che viene utilizzata magistralmente per raccontare il rapporto tra Elwood Curtis e Turner), “Nickel Boys” racconta una storia che non risulta nuova allo spettatore. Quale? Quella di un adolescente afroamericano, appunto Elwood Curtis, dotato di intelligenza e ambizione, che vive nella segregata Tallahassee degli anni '60. La sua storia si intreccia ai discorsi di Martin Luther King Jr. in un’America profondamente razzista, con una svolta drammatica che porta il protagonista a finire alla Nickel Academy, un riformatorio dove la discriminazione tra bianchi e neri è palpabile, oggettiva e impossibile da non vedere. Quello che appare come un istituto rispettabile, dedicato alla riabilitazione, è in realtà un luogo di orrori, dove Elwood è protagonista di un sistema di abusi fisici, psicologici e sessuali perpetrati contro i ragazzi, con particolare accanimento verso gli afrocamericani. Qui Elwood stringe un profondo legame con Turner, ragazzo che diventerà simbolo delle lotte del protagonista quando questo non ci sarà più. “Nickel Boys” non si limita a raccontare una storia di oppressione, ma esplora la resilienza umana e la capacità di mantenere intatta la propria umanità anche nelle condizioni più disumane. E, soprattutto, la tematica dei maltrattamenti ha attraversato l’America per anni e continua ad attraversarla, anche se forse agli Oscar quest’anno il “Black Lives Matter” non ha avuto la rilevanza che avrebbe potuto avere in un passato neanche troppo remoto. Che con il neo presidente Donald Trump l’America diventi un luogo più sicuro anche per gli afroamericani? Qualche dubbio potremmo averlo. “Nickel Boys” ricorda allo spettatore che le batteglie per i diritti civili non si sono svolte sono nelle strade e nei tribunali, ma anche nei luoghi dimenticati, come la Nickel Academy, ed è un importante contributo alla memoria collettiva americana, che mette in luce (ancora una volta) un capitolo oscuro della storia che risuona potentemente anche nell’America contemporanea.
