A 10 giorni dalla finale di Sanremo 2024, e mentre si discute del post Amadeus (in pole position Antonella Clerici affiancata da altri volti Rai), Enzo Mazza, il Ceo di Fimi, la Federazione dell'industria musicale italiana, boccia il Festival, al di là delle performance in termini di ascolto e delle ricadute in classifica. I punti chiave analizzati sono tre: Ariston ingestibile e con pubblico boomer - vedi i fischi a Geolier - città disorganizzata e solo rimborsi spese per gli artisti: “dove finiscono i 5 milioni che la Rai versa al Comune di Sanremo?”, rincara chi rappresenta le maggiori case discografiche italiane (e non solo). Forse dove finiscono quelli destinati all'orchestra sinfonica: la Rai paga per avere musicisti a contratto e non precari (ne abbiamo parlato qui). “Il primo punto caldo è il Teatro Ariston, che è un ‘attrezzo’ vintage. Sicuramente importante per il Paese e per ciò che rappresenta, ma assolutamente inadeguato per fare un evento come Sanremo. Tenete conto che quest'anno c'erano 30 artisti. In più, nella serata delle cover del venerdì, c'erano gli ospiti dei 30 artisti e la situazione, anche a livello di sicurezza, era effettivamente molto preoccupante. Tutti sono stati nel Teatro Ariston, è una bomboniera degli anni ‘50, ha tutte una serie di sue caratteristiche che oggi, con tutto ciò che ruota intorno all'evento e le persone che ruotano intorno al Festival, è un luogo difficile da gestire”, dice Mazza.
“In più – aggiunge -, si somma tutta la disorganizzazione della città: alberghi, traffico, impossibilità di portare gli artisti alle prove. Tutto questo è esploso in un'annata che ha visto una grandissima partecipazione anche fuori dall'Ariston, intorno al palco dove fanno gli eventi, davanti agli stand delle radio, ma potete immaginare cosa accade a chi lì deve lavorare”. Per quanto riguarda i rimborsi spese agli artisti, dice il discografico, “si tratta di contributi spese alle case discografiche, quindi non sono dei cachet. Gli artisti non hanno un cachet, si esibiscono a fronte di un rimborso che è attorno ai 55 mila euro, più qualche rimborso ulteriore come ad esempio per la serata del venerdì, che è assolutamente irrisorio rispetto agli impegni che vengono assunti dalle case discografiche, perché la serata del venerdì è un evento di spettacolo ma non è un evento discografico, non è che da questi duetti nascano delle opere discografiche oppure c’è un’utilità dal punto di vista del mercato”.
Mazza stima che i costi a carico siano il doppio del rimborso ricevuto. “C’è un impegno che è aumentato negli anni perché sono aumentate anche le persone che ruotano intorno”. Da tempo il Ceo di Fimi chiede l’adeguamento delle strutture della città per un Festival diventato sempre più grande. “Non chiediamo di cambiare la città, ma di fare interventi che sono necessari da 30 anni. Da quanto vado al festival si parlava di una nuova struttura per fare il Festival e questo non avviene mai. La città di Sanremo prende 5 milioni all’anno dalla Rai per una convenzione, non si sa dove vanno a finire perché ristrutturazioni della città non ci sono, il nuovo palazzetto per gli eventi non c’è, quindi ci chiediamo a che cosa serva questo flusso di denaro se non viene utilizzato per rinnovare la città, per renderla più appetibile. Ci sono state 15 mila richieste di biglietti a fronte di circa 1000 posti a disposizione. Ci sarebbe anche un pubblico di giovani che seguirebbe l’evento”. Cambiare location significherebbe quindi svecchiare anche la platea: “i fischi a Geolier provenivano da una sala prevalentemente fatta da adulti perché quello è il pubblico di Sanremo, e probabilmente i fischi non sarebbero arrivati se sotto al palco ci fosse stato un pubblico più giovane - rincara Mazza - Immaginate Eurovision o X Factor, che possono recuperare il pubblico e soprattutto sono eventi innovativi. Qui si sono rinnovati tutti, si è rinnovata la discografia, si è rinnovata la radio, si è rinnovata la Rai. L’unico che non si rinnova è Sanremo”. Perché Sanremo è Sanremo?