Pompiere, attore di culto, regista di pellicole raffinate e sopravvissuto. Nei 65 anni di Steve Buscemi, che compie proprio oggi (martedì 13 dicembre), c’è stato il tempo davvero per tutto. Neyorkese doc, anche se con origini siciliane, ha vissuto in varie zone della Big Apple: dal quartiere operaio di East New York nel quale è cresciuto, nell’East Village dove si è formato e nel quartiere di Park Slope, a Brooklyn, dove ha deciso di abitare definitivamente in una delle tipiche case di mattoni rossi e scale che dalla porta d’uscita proiettano direttamente in strada. Ha lavorato davvero come vigile del fuoco dal 1980 al 1984 con la Engine Company n. 55 di Little Italy e in seguito, nonostante fosse già famosissimo, l’11 settembre 2001 decise di tornare in servizio come volontario insieme ai pompieri della sua vecchia caserma che tra le macerie dell’attentato avevano perso cinque colleghi. Ma non prestò l’immagine come fanno in molti, lavorò per settimane 12 ore al giorno senza mai parlare troppo pubblicamente di quell’esperienza.
E sembra aver preso tutto da quella città, che sente addosso come una seconda pelle, con un atteggiamento che al cinema lo ha portato a interpretare i personaggi intensi e nevrotici che lo hanno reso celebre. Basterebbero i ruoli di Mr. Pink ne Le iene, di Donny ne Il grande Lebowski e di Carl Showalter in Fargo per entrare di diritto nell’Olimpo hollywoodiano. A questi ne ha aggiunti tanti altri, è passato al piccolo schermo e si è anche cimentato alla regia. Jim Jarmusch ha detto di lui: “Interpreta l’umanità”. Ok, cosa si può volere di più? Se a questo aggiungiamo che è scampato tre volte alla morte violenta, il quadro è completo: è stato investito da un autobus e da un’auto in corsa (in due diverse circostanze), oltre a essere stato accoltellato in un bar. Di quest’ultima esperienza raccontò: “Fui vicino alla morte, forse più vicino che mai, fatta eccezione per l’autobus e la macchina”. Noi di MOW, per omaggiare un artista che ci ha fatto godere ogni volta che lo abbiamo visto sul grande schermo, ci siamo rivolti a chi in Italia gli ha prestato la voce contribuendo alla sua leggenda. Si tratta del doppiatore Luca Dal Fabbro, che gli ha voluto fare gli auguri ricordandolo con affetto.
Dal Fabbro, lei è la voce italiana di Steve Buscemi. Per caso gli ha mandato un messaggio per questi suoi 65 anni?
Non ci siamo sentiti, anzi ho scoperto adesso che è il suo compleanno. Però mi fa molto piacere fare gli auguri a un grande attore che per me è stato così importante.
Vi siete mai incontrati?
Sì, quando veniva a Roma a presentare i suoi film. È sempre stato molto carino con me, una volta chiese espressamente che fossi presente e poi disse alla platea: “In Italia il 50% del mio successo lo devo a lui, non solo a me”. È una persona molto gentile e attenta agli altri.
C'è qualcosa che l'ha sempre colpita del suo modo di recitare?
A me piace molto perché è un attore che si distacca dai canoni classici degli attori americani. Infatti, nel doppiaggio, ho cercato di accompagnarlo in tutto quello che faceva lui, per seguirne al meglio le espressioni e il modo di pronunciare le frasi.
A quale film che ha doppiato di Buscemi è più legato?
Sicuramente a Le iene. È il primo film in cui l’ho doppiato, che poi ha avuto un successo pazzesco. Lui era molto bravo e divertente in quella pellicola. Ricordo con piacere la scena del ristorante dove si rifiuta di dare la mancia, quella è molto bella sia da vedere che da doppiare. Poi in tanti altri film, ma quello al quale sono più legato è il primo. In generale è stato un bell’incontro tra noi.
Intanto che ci siamo, qual è lo stato di salute del doppiaggio in Italia?
In questo momento sembra il mestiere che vogliono fare tutti i ragazzi, c’è pieno di scuole di doppiaggio. E anch’io insegno. Vogliono fare questo lavoro pensando sia facile, in realtà prima bisogna essere attori e questo non lo considerano. Purtroppo adesso siamo un po’ schiavi della velocità, ci chiedono ritmi assurdi a discapito del prodotto.
A volte torna la proposta di non doppiare più i film dall’estero, in particolare quelli inglesi, per favorire sia la visione dell’originale che la comprensione di una lingua così importante. Lei che ne pensa?
Io sono per avere la possibilità di sentire i film sia in italiano che in lingua originale. È meglio scegliere. Non sono un fan del doppiaggio a qualsiasi costo. I film d’azione è giusto doppiarli, ma alcuni film d’autore, dove la recitazione è importante, credo sia più giusto sentirli in originale.