Ora: che un tizio, il cui curriculum vanta più reality che titoli di studio, svolga la professione di guru non deve stupire. Nell’epoca dell’università della vita, di tuttologi virali del niente, dove basta fare una faccia buffa per diventare ricchi, Walter Nudo potrebbe avere qualcosa da dire, a patto che si limiti a spiegare come campare di comparsate ed essere felici; il problema è che il Nostro esonda, e armato di un bizzarro copricapo a forma di preservativo, si lancia in dissertazioni di taglio spirituale, una più esilarante dell’altra. Lasciamo al lettore il guilty pleasure di andare sul suo profilo a gustarsi le sue perle di saggezza, ma non possiamo esimerci dal segnalare quella in cui, parlando di Ercole, si abbandona a una tirata in lode dell’Idra di Lerna, il mostro a più teste, vista come modello comportale da imitare per la sua capacità di “accettare la propria fragilità”. Altro che le dodici fatiche: avessero chiesto a Ercole di trovare del senso in questa roba, si sarebbe suicidato. Ma ecco che invece di ridere, negli ultimi giorni in molti si sono indignati per un video in cui il life-coach mette nel mirino dei suoi immancabili occhialoni – si sa che su Instagram bastano un paio di occhiali con la montatura pesante e si è subito professori – una pubblicità di Valentino con alcuni modelli “gender fluid”. Un’immagine molto rischiosa per i giovani, a detta del buon Walter, che privati di solidi punti di riferimento in materia sessuale andrebbero “fuori di testa” e sarebbero costretti “ad andare dallo psicologo”.
A parte che non si capisce cosa ci sia di male ad andare dallo psicologo, soprattutto se a parlare è un tizio che si fa pagare per svolgere un ruolo molto simile, ma che a differenza dello psicologo, invece dell’Università, ha frequentato l’Isola dei Famosi e un master al Grande Fratello; ma soprattutto, quando la moda promuoveva un’ideale estetico diverso, Walter Nudo lavorava in TV proprio perché lo rappresentava alla perfezione; se adesso, trent’anni dopo, quell’ideale è cambiato, come è normale che sia, il life-coach dovrebbe farsene una ragione, invece che sbattere le ali come una falena rancorosa sulle finestre della società dello spettacolo. Ma se la critica di Walter Nudo può suscitare imbarazzo, chi se l’è presa con lui suscita tenerezza. Se andate a vedere il video, troverete un lungo tappeto di commenti in cui ragazze e ragazzi col pronome espresso nella bio e l’asterisco in luogo della desinenza non si limitano a perculare il life-coach per l’idiozia sparata, ma difendono la pubblicità stessa innalzandola a feticcio, a simbolo di progresso, di inclusività, prova provata che viviamo in un mondo migliore rispetto a quello in cui Walter Nudo faceva “Colpo di fulmine”. È bene fare chiarezza: a Valentino, così come a ogni multinazionale che utilizza un’immagine “inclusiva”, importa solo di una cosa: vendere. Fare soldi, fare sempre più soldi. E se oggi i soldi si fanno con un certo tipo di immagini, allora quelle immagini saranno utilizzate, ma se un domani, su certi temi, cambierà la sensibilità mainstream, state pur certi che nelle pubblicità non ci saranno gender fluid ma torneranno i Walternudi o qualcosa di ancora diverso.
Basta pensare a quelle multinazionali della Silicon Valley che sponsorizzano il Gay Pride, tappezzando la metropolitana con manifesti arcobaleno: le stesse multinazionali che guadagnano tonnellate di soldi in Paesi dove l’omosessualità è considerata reato, senza battere ciglio. Tutto questo per dire che la strumentalizzazione dei diritti civili per generare ritorno economico è una delle piaghe più insidiose del nostro tempo – e non solo per una questione di ipocrisia, ma soprattutto per la falsa percezione che scaturisce. Trovarsi davanti un manifesto con un modello gender fluid usato come attaccapanni per un abito alla moda, non aumenta di un millimetro i diritti di nessuno, non dice nulla sulla realtà in cui viviamo. Bisognerebbe diffidarne, invece che applaudire. E magari, invece di mettere alla berlina una vecchia gloria della TV commerciale, prendersela con chi, negli ultimi vent’anni, ha smantellato pezzo per pezzo i diritti economici dei più giovani: il divario generazionale non è mai stato così ampio. Ieri la moda strumentalizzava Walternudi gonfi di testosterone, oggi gender fluid eterei e longilinei: ma la moda continua a fatturare miliardi, mentre i diritti, le tutele, le opportunità per i più giovani (e non solo) negli ultimi trent’anni si sono ridotte al lumicino. Vale la pena ricalibrare le priorità.