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Uccidete pure Miss Italia, ma giù le mani dalla bellezza

  • di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

14 febbraio 2022

Uccidete pure Miss Italia, ma giù le mani dalla bellezza
Miss Italia è stata incoronata anche quest'anno: la vincitrice è Zeudi Di Palma, splendida ventenne napoletana impegnatissima nel sociale di cui non si parlerà più, come da tradizione, entro qualche ora. La finale è andata in diretta sulla piattaforma di streaming "casa della serie B" di calcio Helbiz Live, unico coraggioso media disposto a crederci. Visto che oramai da anni funziona così, ovvero che il concorso peregrina senza fissa dimora di lido in lido, viene da porre una domanda: perché così tanta paura della bellezza (femminile)?

di Grazia Sambruna Grazia Sambruna

Miss Italia è stata eletta ieri sera e si chiama Zeudi Di Palma. Qualcuno se n’è accorto? Al di fuori delle agenzie di stampa e di qualche sito che ha ripreso la croccantissima news all’indomani dell’incoronazione, probabilmente no. Il concorso di bellezza portato avanti dalla stoica Patrizia Mirigliani e da Heibiz Media che ha voluto puntare sul progetto, è considerata oramai al di fuori dell’interesse nazional-popolare. La finale è andata in diretta su Helbiz Live, piattaforma già conosciuta come "la casa della serie B" con ben 390 partite l'anno a disposizione dei suoi abbonati. Tornando al contest d'italica beltà, non è la prima volta che il nostro si ritrova a peregrinare di canale in canale, anno dopo anno. Anzi, a pensarci bene da quando Miss Italia è stata esodata da mamma Rai, continua a esistere, sì, ma su La 7 (per una manciata di edizioni) con ascolti da TeleMioCugino e poi via, immateriale, in diretta streaming senza mai un appuntamento fisso, una dimora dove esser certi di poterla ritrovare. A prescindere dal valore o dalla necessità del programma in sè (vogliamo parlare dell’urgente bisogno di Grande Fratello Vip che attananaglia le nostre anime di telespettatori? Ecco), ci incuriosisce indagare le ragioni un filo più profonde di questo protratto Requiem for a Miss.

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Un concorso nato nel 1946, più vetusto di quel giovincello del Festival di Sanremo che emise il primo vagito in note nel ‘51, prima o poi vede arrivare la fine. Ed è giusto così. Ciò che ci interessa, qui e ora, è cercare di comprenderne le motivazioni, quelle che vanno oltre la dipartita per cause naturali. Viviamo in tempi strambi, lo sappiamo bene, sui social è guerra tra asterischi e politically correct, ci si scontra su cosa sia o meno rispettoso nei confronti di chunque. Ma soprattutto, delle donne. La mentalità vigente, pur non volendo o semplicemente incapace di rendersene conto, sta, oramai da anni, progressivamente riducendo, a livello concettuale, il genere femminile a categoria protetta, panda style, che ha sempre ragione, va difesa da qualunque tipo di critica o polemica per il bene della sua stessa preziosa sussistenza. Quando non succede, si frigna. Sui social come in tv con monologhi dolenti: Elisabetta Canalis a Le Iene in morte del cane, Belen Rodriguez e il pippone sul sex tape diffuso online a sua insaputa un decennio orsono, la co-conduttrice di Sanremo e la sua pelle nera incompresa sui social e ci fermiamo qui. Tutto il rosario dell'elenco ve lo risparmiamo. 

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Ciò, oltre a un’importante rottura di maroni quotidiana ogniqualvolta si abbia l’ardire di affacciarsi su una piattaforma social o, per i più coraggiosi, di accendere la tv nostrana, conduce a un lacrimoso appiattimento dei contenuti che le donne portano al pubblico. E Miss Italia cosa c’entrebbere con tutto ciò? Miss Italia c’entra, anzi, è stata la prima “vittima” di questo lento ma inesorabile processo di livellamento delle coscienze femminili, di cosa è per loro opportuno dire e cosa invece no, edizione anni 20 del 2000. Falciata dalla Rai per bassi ascolti (il concorso aveva già un’età, nessuno ci ha pianto troppo sopra), la gara di bellezza è approdata a La 7 ma lì ha dovuto fare i conti con un problema, anzi il Problema connaturato nella propria stessa natura: la bellezza. È etico, femminista, opportuno, buono e sano premiare “la bellezza”? Assolutamente no, si devon essere detti gli autori del programma dando una scorsa agli hashtag di Instagram. Bisogna “normalizzare”, seguire i dogmi del body positive, non dare fastidio a nessuna telespettatrice se si vuole andare in onda e allora bene, a colpi di cazzuola si è distrutto il concetto stesso di “bellezza”, con la finta pretesa di volerlo arricchire. Questo non significa che le concorrenti delle ultime edizione fossero uscite tutte da la Fabbrica dei Mostri, anzi. Vuol dire soltanto che il loro aspetto, da un certo punto in poi, è stato considerato condizione se vogliamo necessaria, ma non certo sufficiente, per ambire alla corona diamantata. 

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Dunque, nelle ultime edizioni, alle aspiranti Miss è stato imposto, tra le altre cose, di sfilare sempre in rigoroso costume intero o in abito lungo per non mostrare troppo il loro corpo che no, non avrebbe dovuto in nessun modo attirare l’attenzione dei telespettatori o della giuria. Praticamente, come fare Sanremo a microfoni spenti ma già da qui nessuno ha cominciato a intravedere il cortocircuito che, di conseguenza, ha potuto serenamente proseguire raggiungendo paradossi quasi mistici: le Miss possono essere di qualunque età, non importa il loro peso, i lineamenti, manco i capelli unti perfino. Anzi. C’è da normalizzare la bellezza naturale, quella che tutte noi (ma sarà vero, poi?) abbiamo dentro. Nessuna da casa, per carità, deve correre il rischio di sentirsi offesa da un lato b sodo come il marmo, da un paio d’occhi da cerbiatto con smokey eye perfetto o da gambe lunghe quanto l’A26. Viva la cellulite, le bassine, le senza un orecchio, qualunque tipo di (oggettivo) difetto fisico è ben accetto e, anzi, elogiato in diretta quando partecipi a Miss Italia. E poi, ovviamente, c’è la tempra morale. 

La tempra morale è prerequisito fondamentale per partecipare al contest: se sei “solo” bella non basta, cocca. Prima di accedere al palco, ti tocca dimostrare di aver salvato la vita ad almeno una dozzina di bambini afghani (o, in alternativa, altrettanti gattini soriani sordociechi) perché è l’anima che conta, l’impegno nel volontariato, mica l’aspetto, quello sia mai. Inoltre, è essenziale che l’aspirante reginetta di bellezza abbia conseguito (o sia in procinto di conseguire) la seconda laurea in aeronautica e già si sia distinta con ottimi voti fin dall’asilo. Il suo sogno? Diventare, almeno, la prima donna italiana alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. Sfilare in lingerie? Sia mai! Non è rispettoso per il genere, non è femminista! E così l’intelligenza diventa il secondo prerequisito base per valutare la bellezza di una fanciulla. Fino agli anni Ottanta, tra i criteri principi c’era la verginità (Mirka Viola nel 1987 venne de-coronizzata dopo l’elezione perché saltò fuori che avesse già un figlio, per giunta fuori dal matrimonio). Una bestialità, certamente, ma siamo sicuri che oggi, a livello concettuale, la situazione sia così diversa? O perfino migliore? 

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Che v’ha fatto di male la bellezza? Perché si deve dire per forza che Monica Bellucci a 20 anni (ma pure oggi, eh!) fosse esteticamente bella come qualunque altra donna sulla faccia della terra? Perché la bellezza, ci perdonerete la ripetizione, è diventata concettualmente qualcosa di negativo, non sufficiente, un finto valore a cui deve essere aggiunto qualcos’altro (tempra morale, intelligenza e così via) per poter essere definita tale? E poi: siamo davvero sicuri che essere “solo” bella non sia già di per sé un lavoro? Chi può dire a una donzella che sbaglia a voler sfilare mostrando ciò che mamma natura le ha dato perché dovrebbe fare la notaia, l’avvocatessa, qualcosa di più costruttivo e meritorio per rendere onore alla categoria (protetta, ricordiamolo) a cui di nascita appartiene? Essere e mantenersi “bella”, al netto della genetica, è un full time che a pensarci bene, chiunque dotato di senno non augurerebbe al proprio miglior nemico. Una vita fatta di allenamenti e rinunce (non per forza “insane”, lo sottolineiamo, semplicemente non per tutti). Per poi farsi una foto in spiaggia ed essere dilaniata da commenti astiosi, vivere con il timore di postare sui social contenuti (aka il proprio aspetto) che potrebbero offendere la sensibilità di chi lo stesso impegno non può o non vuole metterlo, di chi ha scelto un’altra vita e dovrebbe, in teoria, stare a posto così, senza puntare il dito sulla condotta di vita di terze persone. Soprattutto se donne. 

Miss Italia, inteso come concorso, non ci mancherebbe a livello emotivo, è vero. Nemmeno ci accorgeremmo se non andasse più in onda da un anno con l’altro. Sempre ammesso che oggi come oggi, ci vada realmente. Ma la bellezza, quella sì, sia femminile che maschile (mai capito perché un uomo possa essere bono e una donna, invece, “non solo”.  Non comprendiamo perché “debba” essere nascosta, se non vilipesa e svilita mortalmente addossandole altri significati per renderla sussistente, accettabile. 

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La bellezza è accettabile. E basta perfettamente a se stessa. C’è chi dice pure che salverà il mondo. O, da oggi, accettiamo che sia un male e, tutti uniti, andiamo in blocco a vandalizzare ogni quadro, ogni singolo monumento su suolo italiano e internazionale, oppure torniamo a renderle il merito, la reverenza che merita. Con Miss Italia? Magari no. Ma i tweet, i post, le campagne social, la comunicazione tutta, parte da noi e su di noi si plasma. Cerchiamo di tornare a celebrare ciò che è bello. Un paesaggio, un’opera d’arte, un uomo, una donna. Indifferentemente. Altrimenti, teniamoci pure ‘sto mondo di hashtag e nonostante. Bello, vero?

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