C’è chi da piccolo si rifiutava di mangiare le verdure. Chi odiava il fegato, chi i broccoli. Zerocalcare invece non mangia “niente che abita in acqua”. Né pesce, né crostacei, né molluschi. Neanche il tonno in scatola. Il motivo? Un trauma infantile. E a raccontarlo è stato lui stesso, con il suo solito mix di sincerità disarmante e romanità inevitabile, ospite a De Core Podcast, chiacchierando con Alessandro Pieravanti. "Io non mangio la roba che abita in acqua", spiega Michele Rech, non sfatando il mito che davvero la sua alimentazione sia limitata a plum-cake e yogurt. E quando l’intervistatore lo incalza: “Nemmeno il tonno in scatola?”, la risposta è ancora più netta: “No, niente che abita in acqua o che mangia cose che abitano in acqua”. Il pregiudizio ittico non è etico, non è salutista, non è politico. È una ferita d’infanzia, aperta da una frase buttata lì dal nonno e mai più dimenticata. “Perché mio nonno quando ero piccolo mi ha detto che stavo mangiando il mio pesce rosso, ho vomitato e non sono mai più riuscito a mangiare niente che abita in acqua, né cose che mangiano cose che abitano in acqua”.

Non è finzione. Nessuna parabola educativa. È solo che i bambini prendono tutto sul serio. E se quel giorno non trovi più il tuo pesciolino nella boccia, ti viene pure facile crederci. “Perché era cattivo, perché poi io sono corso a vedere se c’era ancora il pesce, ma quella mattina i miei l’avevano buttato in una fontana e quindi io non l’ho visto e mi sono convinto che era vero”. Un pesce rosso può segnare per sempre. Anche se, ammette lui, “nei limiti di quanto si può vo’ bene a un pesce rosso, però sì”. E mica è solo questione di pesci. L’idiosincrasia si estende anche agli animali anfibi o semi-acquatici. “Quando dico che non mangio nemmeno cose che mangiano cose che stanno in acqua, intendo tipo l’anatra da stagno…”. E lì la domanda sorge spontanea: come si fa a sapere se un’anatra è da stagno o da collina? “Tu chiedi. Se è da stagno la rimandi in cucina. Se è un’anatra da collina, tutto sommato mozzico sì”. Michele Rech non ha bisogno di fare il personaggio. È così, e basta. Quello che racconta, lo racconta come si raccontano le cose tra amici: con ironia, senza tirarsela mai, ma sempre con un fondo di verità che spiega chi sei. E stavolta è bastato un pesce rosso per spiegare tutta una dieta.
