L’avvocato Fiorenzo Alessi, difensore della famiglia Pantani, ha confermato la notizia all’Ansa dopo le indiscrezioni riportate da diverse testate locali. Le circostanze della morte del vincitore del Tour de France e del Giro d’Italia sono state oggetto di indagine fin da subito nel 2004 e successivamente nel 2016. In questo caso, il gip Vinicio Cantarini archiviò escludendo che l’atleta fosse morto assassinato. Ma per la terza volta l’inchiesta riprende vigore e questa volta il fascicolo ipotizza il reato di omicidio contro ignoti a seguito dell'invio dell'informativa della commissione parlamentare antimafia alla Procura riminese, nel 2019.
Per il giudice, la morte di Pantani fu causata da “un’assunzione, certamente volontaria, di dosi massicce di cocaina e farmaci antidepressivi”, mentre l’omicidio “è una mera congettura fantasiosa”. La Cassazione confermò l’archiviazione. Ma nel 2019 le deposizioni di Fabio Miradossa, spacciatore del ciclista e del generale Umberto Rapetto gettarono più di un’ombra sulla verità della tragica fine. Le affermazioni furono secretate, ma poi sono arrivare in Procura che su questa base e su nuovi elementi ha deciso di aprire il terzo fascicolo. La domanda che aspetta ancora una risposta è la seguente: Marco Pantani si è suicidato o il cocktail letale è stato indotto da terzi? Al momento i magistrati non hanno rilasciato alcun commento, ma trapela che Tonina Belletti, la madre del “Pirata” - questo il soprannome dello sportivo - è stata sentita dai giudici ai quali ha consegnato un memoriale di 51 pagine sugli ultimi tre giorni di vita del figlio.
Fabio Miradossa, il pusher che consegnava la droga a Pantani, fece queste dichiarazioni ai microfoni de Le Iene: “Marco non è morto per la cocaina: Marco è stato ucciso”. A suo dire, chi lo ha fatto forse non ha agito con l’intenzione di ucciderlo, ma si sarebbe trattato proprio di un omicidio. “Hanno detto che Marco era in preda del delirio per gli stupefacenti, ma io sono convinto che Marco quando è stato ucciso, era lucido”, ha sostenuto. A non tornare, secondo Miradossa, le tracce di “sniffate” nella stanza e quella pallina di coca da 5 grammi nella pozza di sangue. “Pantani fumava crack, non gli piaceva tirare. Chi ha creato quella situazione non era informato bene…Tracce di fumatori di crack non ne ho viste, come bottiglie di plastica, carta argentata, bicarbonato per preparare il crack”, aveva commentato.