Ma stiamo scherzando? Ma davvero dobbiamo sorbirci le minacce di Amadeus che potrebbe lasciare il Festival di Sanremo perché il Ministro della Salute non gli concede il pubblico? Bene, quella è la porta, addio, le bizze non sono accettate.
Ma non doveva essere il Sanremo della svolta, della speranza e della rivoluzione? Non era l’anno in cui i musicisti protestavano compatti per difendere un settore in crisi? Perché la prospettiva di un Sanremo che salta nuoce anzitutto a loro, una categoria messa in ginocchio dalla pandemia nella quale i 26 big e le 8 nuove proposte sono tra i pochi privilegiati che saliranno sul palco con più spettatori della musica italiana in tv. Un palco che garantisce vendite, celebrità, promozione come niente altro. Vedeteli così: una trentina di privilegiati in un settore con migliaia di sfanculati. La gente farebbe a pugni per stare al posto loro.
Amadeus sul Corriere sostiene “io non mi metto a sindacare sui protocolli sanitari ma su come si fa uno spettacolo penso di avere l’esperienza”. Di sicuro, ma adesso siamo in una pandemia mondiale. Sono saltate le Olimpiadi, lo sport, i viaggi, i ristoranti e i ristori, i lavori, le relazioni e i nervi di tutti. Le città dopo le 22 sono deserte, pare un film post apocalittico, viviamo con le mascherine e con il gel igienizzante e stiamo tutti facendo tanti sacrifici.
Sanremo è servizio pubblico e Amadeus ce lo deve. Se non vuole farlo che se ne vada e lasci il posto a qualcun altro, va bene pure un conduttore della mutua, la gente ha più bisogno di canticchiare che di ascoltare gli applausi del pubblico dell’Ariston.
lo dice anche Ruggeri, sempre al Corriere, “A Sanremo non vai per incontrare il pubblico ma per promuovere la tua musica”. Oltretutto stiamo parlando del pubblico più reazionario e conservatore di sempre, gente che pochi anni fa stava per fare una sommossa perché Loredana Bertè era arrivata quarta. Ma dai!
In questi giorni si è parlato di buoni e cattivi esempi, beh questo cosa è?
I musicisti sul palco del Festival sono dei professionisti, sono abituato a suonare in playback, online o di fronte a migliaia di persone. Quello che conta per loro è avere un buon pezzo e farsi ricordare. Non saranno certo gli applausi a comando di un pubblico o di un altro.
La gente vuole solo cantare quella bella canzone e purtroppo Sanremo ce ne da pure troppo poche in proporzione a quante ne sforna. Siamo noi che dovremmo protestare, non Amadeus a cui verrebbe da dire come si fa a Milano: vai a lavurà!