Tutti ad ammirare e a coprire di lodi gli ultramiliardari come Bezos che fanno a gara a chi piscia più in alto, senza capire nemmeno se siano effettivamente arrivati fino allo spazio (un po’ come se uno dicesse “sono andato per i sette mari” dopo aver messo l’unghia dell’alluce sul bagnasciuga). Ma per queste gitarelle paghiamo noi, sia in termini economici (lo ha detto lo stesso Bezos: “Grazie clienti Amazon, avete pagato voi per tutto questo”) che ambientali.
Diamo qualche cifra: il giretto da 10 minuti è costato 5,5 miliardi di dollari, 550 milioni al minuto. Un buon modo per usare a fin di bene (così la faccenda è stata venduta) gli ormai ex nostri soldi di clienti Amazon? Questo “viaggio”, una “missione perfetta” secondo Bezos, dovrebbe servire da apripista per la costruzione di una strada verso lo spazio dove l’uomo più ricco del mondo pensa che le principali industrie globali saranno in grado di operare in futuro per salvare dal punto di vista ambientale il pianeta Terra. Ma, posto che queste sparate e quelle di Musk sembrano viziate dalle troppe ore passate a guardare Star Trek (per entrambi le cronache parlano di vera ossessione per la serie, tant’è che Bezos ha finito pure per adottare il look del suo idolo, il capitano Jean-Luc Picard), chissà nel frattempo che ne penserà l’ambiente dell’osannato lancio di quell’oggetto apertamente fallico con a bordo un equipaggio quasi da barzelletta (il riccone e suo fratello – che facevano finta di nuotare, lanciavano caramelle uno nella bocca dell’altro e avevano scritto uno “Ciao” e l’altro “Mamma” sulla mano – la nonna e il ragazzino trovato all’ultimo perché il tizio che aveva pagato 28 milioni per il biglietto aveva di meglio da fare).
Repubblica aveva fatto notare che un effimero lancio di “turismo spaziale” di Branson inquina 60 volte più di un volo transatlantico, e oggi Libero si occupa delle emissioni del gingillo del teorico alfiere verde insterstellare Bezos, presentato come "eco friendly" in quanto alimentato a idrogeno e a ossigeno liquidi, anche se c'è chi ha messo in evidenza (oltre alla problematicità e alla dispendiosità della produzione dell'idrogeno e dell'impatto tutto da studiare dell'emissione di enormi quantità di vapore acqueo nei vari strati dell'atmosfera) la preoccupazione per la produzione per esempio di fuliggine e ossidi di alluminio, i cui effetti sul clima possono essere pesantissimi, senza dimenticare l'impatto di tutte le precedenti attività di ricerca, sviluppo, allestimento e trasporto. “Quant’è strana, e costosa, e soprattutto sideralmente inquinante – scrive Francesco Specchia – questa moda del turismo spaziale per multimiliardari. Tra l’altro, quasi tutti sono (giustamente) miliziani del green, sostenitori di Greta Thunberg e nemici giurati delle emissioni. Poi si scopre che i loro velieri cosmici, in realtà vomitano scorie «300 volte più di un jet». E un jet inquina da cinque a dieci volte di più per passeggero rispetto ai voli commerciali di linea. E in un volo commerciale di linea con circa 80 persone l’aereo produce 448 g di diossido di carbonio a passeggero per ogni chilometro percorso contro i 42 g prodotti dalle auto. Viaggiando in treno se ne producono solo 14 per chilometro, per dire. Fatevi due conti. [...] E qua parliamo di aeronautica ordinaria, aerei normali; figuriamoci cosa può accadere con gli shuttle. E però, questo tripudio d’inquinamento, di emissioni e di temibili proiezioni statistiche, i tre amigos Bezos, Branson e Musk lo conoscono perfettamente. Tutti gli ecologisti di andata e di ritorno sono al corrente malattie polmonari del pianeta, dal protocollo di Kyoto in su. Invece. Invece, noi tutti, immersi in questa bolla d’ipocrisia, siamo oggi a ammirare col naso all’insù questi meravigliosi taxisti dello spazio, avvolti quasi nel tepore del nostro stupore infantile. [...] Lo spazio per miliardari che inquinano e se ne fottono. Non so come la penserebbe il capitano Kirk…”