Per un anno intero Carlos Sainz si è sentito fare la stessa domanda. Quella che viene fatta agli adolescenti quando scelgono che scuola fare, in bilico su un futuro che non sta da nessuna parte, quella domanda a cui - comunque - darai una risposta sbagliata. Essere un pilota, in una Formula 1 che è un continuo gioco di sedili, piloti, sponsor e contratti, dev'essere un po' così, come essere sempre adolescenti in cerca di una certezza impossibile da trovare.
Carlos Sainz ha passato qualche anno difficile, prima del 2020, scaricato da Toro Rosso, poi approdato in Renault, poi passato a una McLaren che sembrava un ripiego. Ma le cose per lui hanno iniziato a girare, perché Sainz il piede ce l'ha e il DNA questa volta ha fatto il suo dovere, perché papà Carlos ha dato al figlio quello che serve a un pilota. Se il talento non si può tramandare, da un Sainz all'altro è sicuramente passata la passione, la testa, e il cuore. E quando per lui le cose hanno iniziato a funzionare, Carlos si è trovato davanti a un bivio: rimanere in McLaren, una squadra in crescita con una prospettiva futura a lungo termine, o tentare il tutto per tutto con un anno di contratto in Ferrari?
"La Ferrari era il mio destino" ha detto lo spagnolo nella settimana di test a Fiorano, con una risposta che zittisce tutti, e che annulla le domande di un anno intero. Perché per tutto il 2020 a Carlos hanno chiesto se fosse sicuro, se fosse pentito, se fosse davvero convinto della sua scelta.
Andare a Maranello, nel caos di una scuderia allo sbando, accanto a un pilota che da tutti è considerato la prima guida, il Predestinato, l'erede al trono di Michael Schumacher. Ma quello era il suo destino, dice Sainz. Quello e solo quello. Lo stesso del suo mito, Fernando Alonso, lo stesso per cui ha deciso di iniziare un percorso assurdo, difficilissimo, verso la Formula 1.
E il cuore non ci sta. Non ci sta dentro alle regole, alle liste con i pro e i contro, alle considerazioni a lungo termine. Carlos Sainz semplicemente non poteva dire di no alla Ferrari. Per chi nutrisse ancora qualche dubbio, andate a cercarlo nei video a Fiorano, il suo primo giorno in pista con la Rossa, per capire. Per guardare a occhio nudo un cuore che non ci sta. Che esce dalla tuta rossa, dagli occhi concentrati, dall'orgoglio di papà Carlos - sempre al suo fianco - dalle grida dei bambini arrampicati in giro per la pista di Fiorano.
La passione per lo sport, come la dedizione per un lavoro, un sogno e un obbiettivo, sono più difficili da spiegare che da vedere. Si trasmettono, anche se non abbiamo ancora ben capito come, ma lo fanno e basta. Perché dopo una stagione come quella del 2020 per la Ferrari, un anno terribile e imbarazzante, i bambini si fanno ancora accompagnare a Fiorano dai loro papà, preparano gli striscioni per dare il benvenuto a un nuovo pilota, scrivono letterine e colorano disegni. E, se ancora non bastasse, urlano il suo nome fin sopra al rumore della sua Ferrari che scala le marce in fondo alla pista.
Condividono qualcosa, tutti insieme. Lui che si distrae in un video pubblicato poi su Instagram e guardando nel box dice "che bella macchina rossa", e i bambini che urlano Carlos, Carlos, Carlos. Condividono la passione, la speranza, e il cuore. Che a tutto il resto non ci sta.