Che cos’è la vecchiaia se non la cognizione del dolore? Negli ultimi anni, però, la filmografia di Clint Eastwood ha l’aspetto di una ricognizione di quel dolore, quasi a volere tastare e studiare il terreno del ‘cupo tramonto’ che è la terza età. Oggi compie 93 anni e l'ultima volta in Italia lo abbiamo visto al Torino Film Festival nel 2021 per una docu-serie su di lui, ‘A Cinematic Legacy’, e per presentare il suo 45esimo film da regista, Cry Macho, dove ci raccontava una storia di frontiere e di frontiera, dove Mike - un cowboy in pensione che ha perso la sua famiglia - per ripagare un debito morale si avventura in Messico per recuperare Rafa, il figlio adolescente del suo ex datore di lavoro. Rafa, cresciuto in un ambiente tossico e disfunzionale, tenterà di raggiungere il confine con Mike, che man mano diventerà un punto di riferimento morale e un amico.
Cry Macho era sicuramente un road movie dell’anima a cui ci ha abituati da anni l’uomo senza nome di Sergio Leone. La sua flemma e al contempo la sua incredibile voglia di spingersi in avanti, l’hanno reso un nome intoccabile sia a Hollywood che nella nostra memoria collettiva. Incredibile che nell’epoca della polizia nova del politicamente corretto, solo Clint Eastwood riesca a edificare su certi stereotipi film, e con un frasario che in questi giorni potrebbe costare il ban dall’umanità, che non scatenino l’ira di nessuno, forse perché assurgono allo status di riflessione sulla vita senza nessuno tipo di pretesa o posa intellettuale.
Clint Eastwood è l’America. Ha raggiunto il parnaso attraverso la terra di Huckleberry Finn, e nel suo essere americano è intoccabile quanto Elvis o Marilyn Monroe, personaggi e persone a cui si perdona tutto, anche le défaillance o le cattive scelte. Non ha mai avuto il talento di un Jack Nicholson, di un Gene Hackman o Dustin Hoffman, ma ha il carisma di chi riesce a riempire l’atmosfera di una stanza stando semplicemente in silenzio. Fu il film ‘Gli spietati’ (Unforgiven) a dargli credibilità come regista togliendolo dalle pastoie della sua carriera da attore per spaghetti western. Il suo punto di forza risiede nel contenere l’ampio respiro della grande tradizione della sua terra, e a convivere con tutte le contraddizioni che riposano nel ventre molle dell’America. È repubblicano ma favorevole ai matrimoni gay; pratica meditazione ma non vuole riflettere troppo su se stesso per non uscire dalla bolla in cui vive; è contrario alla politica estera aggressiva del suo paese, ma usa la violenza (nei film) come mezzo per liberarsene e giudicarla come un elemento nocivo nella vita. Prima di diventare attore, come Harrison Ford, ha fatto svariati umili lavori dimostrando quella innata capacità, tutta americana, di reinventarsi sempre.
‘Pensi di avere tutte le risposte poi come invecchi, capisci che non ne hai nessuna’, dice Clint in Cry Macho. E forse, proprio per questo, dai tempi dei Ponti di Madison County a Gran Torino, passando per Mystic River, Million Dollar Baby e Mezzanotte nel giardino del bene e del male, il vincitore di cinque premi Oscar indaga sul significato dell’esistenza. La ricerca di Clint è infinita e destinata a non concludersi mai, perché risposte non ne ha, e le certezze con l’età sembrano sgretolarsi e non cementificarsi. ‘Grazie a Dio la vita non mi ha insegnato quasi niente’ scriveva un secolo fa un autore olandese, ed è questo ‘non sapere’ che trascina il regista americano attraverso la storia e le storie che decide di portare al cinema.
La sua bravura sta nell’avere addomesticato il suo pubblico, così come i suoi personaggi e gli attori con cui lavora. Per lui il ‘buona la prima’ è uno stile di vita che ha esasperato o sorpreso i collaboratori: o sei nel personaggio o non lo sei. Va sempre avanti quasi a volere ricordare a tutti che la vita è in divenire e ‘bisogna lasciarle spazio’. A 93 anni Clint Eastwood è rimasto in piedi tra le macerie del secolo scorso, nel teatro di guerra che è stato il cinema un tempo, vaga contando le vittime e portandosi sulle spalle il peso di quasi un secolo della nostra storia, come ‘un vero essere umano, un vero eroe’ per dirla con gli Electric Youth. Perché non ci siamo mai liberati dal sogno dell'imperialismo, del bisogno di trovare una nuova frontiera, nuovi territori e persone da colonizzare, ma d'ora in avanti ci impegneremo per entrare nel cuore degli uomini. E Clint è riuscito a colonizzare il nostro cuore.