L’atmosfera è quella intima della cucina di casa, con le presine per il forno sullo sfondo, la grattugia e lo scolapasta appesi alla staffa. L’ora quella della cena, il sottofondo le voci dei bambini nell’altra stanza come in una qualsiasi riunione di DAD su Zoom. Nel video con cui Alessandro Di Battista ha lasciato il movimento Cinque stelle c’è tutta un'estetica al tramonto.
Si tratta dell’immagine coordinata dell’uno vale uno, quella di una casa normale, magari in affitto e in cui si comprano prodotti equi e solidali e si fa la raccolta differenziata, dove un uomo dal volto normale, che parla con un tono di voce normale, lascia il messaggio della sera ai suoi follower. Tutto così calmo, così da TV2000 (rete della conferenza episcopale italiana) in seconda serata che quasi stona col il contenuto esplosivo che lancia. «Da tempo non mi ritrovo nelle scelte del movimento» dice Dibba in una video confessione posata che ha più il sapore di propaganda da leader di una futura forza elettorale di dissidenti scissionisti che di un messaggio d’addio.
I Cinquestelle senza Dibba non saranno mai più la stessa cosa anche se da tempo ormai il ragazzo nato a Roma il 4 agosto (stesso giorno di Pippo Civati) del 1978, «cresciuto a Civita Castellana, laureato al Dams, che ha girato il mondo come cooperante, conosce bene il Guatemala, è stato in Kosovo, Bosnia e Serbia» ha iniziato ad allontanarsi piano piano dalla Casa del M5S.
Alessandro Di Battista era l’ultimo vero grillino rimasto, là dove per “grillino” si intende il militante della prima ora, dei Vaffa Day e delle raccolte firme, della scalata pazzesca dai MeetUp e Rousseau fino al Parlamento. L’oltranzista, quello che non vuole le poltrone e agogna le piazze, che non scende a compromessi e non si perita nemmeno a contraddire Grillo. Questa separazione è iniziata anni fa, quando Dibba che era la voce più critica, più decisa, forse più amata del Movimento («Ogni volta che vedo e sento parlare il deputato delle Cinque Stelle Alessandro Di Battista o leggo sue dichiarazioni, mi faccio la stessa domanda: perché non è del Pd o di Sel?» scriveva Michele Serra su Repubblica nel maggio 2013) e Grillo gli preferì Di Maio per la rappresentanza istituzionale. Uno smacco per il suo ego che riuscì a far passare come un giusto momento di passaggio del testimone, a trasformarlo a periodo spirituale di viaggi in sud america e reportage, di formazione e paternità.
Più presentabile, più inquadrato, più posato Luigi Di Maio rispetto a lui. Uno statale fatto e finito verrebbe da dire oggi, in pratica tutto quello che i grillini volevano combattere e al tempo stesso tutto quello che dei grillini rimane nel giorno in cui, per responsabilità o per sopravvivenza, danno appoggio a un governo che fino a pochi anni fa avrebbero combattuto.
«Stavolta non ce la faccio. Da diverso tempo non sono in accordo con alcune scelte del M5S, è più che legittimo. Non posso far altro che farmi da parte. Da ora in poi non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle anche perché in questo momento il Movimento non parla a nome mio». Con queste parole Di Battista rivendica purismo, necessita di tornare alle origini, rinnega l’inciucio. Fa saltare tutto in aria facendo saltare sé stesso, rischia anche qualcosa ma in fondo è coerente con ciò che è sempre stato. Solo il tempo ci dirà se è una mossa azzeccata, se la politica lo dimenticherà o lo rivedremo spuntare all’orizzonte.
Per assurdo le vite politiche sono rette parallele infinite che non si incontrano mai ma che tendono a somigliarsi. Oggi i “grillini” hanno scelto se diventare grandi o rimanere idealisti, perdendo credibilità di fronte a molti militanti per alcuni, acquisendone nei palazzi per altri. Oggi Dibba ha scelto se diventare finalmente Alessandro Di Battista o aspettare il suo turno in panchina con calma rimanendo un eterno “Dibba” e si candida a essere il nuovo Renzi dell’ala apartitica della politica. Quell’ala nata online, così difficile da inquadrate, così sfuggente alla logica spesso e così grottesca ma che incarna il desiderio di molti italiani, di aprire davvero come una scatoletta di tonno il Sistema.
Quel sistema che ad oggi i Cinque Stelle si apprestano a governare assieme ai volti noti, notissimi, dei loro storici nemici, da Renzi a Berlusconi.
Insomma, se sarà bizza o rivoluzione ancora è presto per dirlo, di certo quella di Dibba è una mossa che è un colpo di coda, un cenno di vita da parte del M5S che si stava atrofizzando e incravattando, perdendo lo spirito della pashmina e della maglietta con le scritte a cui doveva la sua iniziale simpatia.