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Franco Battiato il maestro della musica euclidea compie 76 anni

  • di Redazione MOW Redazione MOW

23 marzo 2021

Franco Battiato, il maestro della musica non euclidea, compie 76 anni
In occasione del suo 76esimo compleanno ripercorriamo la sua carriera attraverso le parole di due suoi grandi allievi: Morgan e Fabio Cinti.

di Redazione MOW Redazione MOW

Franco Battiato compie 76 anni, l’ultima apparizione canora al festival di Sanremo 2021; Dimartino e Colapesce cantano la cover di Povera Patria e nell’ultimo verso la voce originale di Battiato. Da qualche anno sempre più sporadiche le sue apparizioni, c’è chi dice si sia ritirato a vita privata chi adduce la sua latitanza ad una malattia non bene identificata. 
Ma chi è Battiato? Cos’è per la musica? Gino Castaldo diceva che Battiato sta alla canzone italiana come la geometria non-euclidea sta a quella euclidea. che la sua musica prende forma su un piano parallelo, vive per suoi motivi che spesso “assomigliano” soltanto a quelli del resto dell’universo canzone. Negli anni in molti hanno cercato di definire il suo stile, di imitarlo o semplicemente di seguirlo.

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Franco Battiato giovane

“Dalla fine degli anni 60 agli inizi degli anni 80 è passato dallo scrivere canzoni in qualche modo convenzionali alla sperimentazione estrema (con dieci album) per arrivare a una forma canzone nel lirismo, nelle strutture, nei suoni e negli arrangiamenti, del tutto nuova: una grammatica che lui ha messo a punto in tutti quegli anni. Da lì si è trasformato e ha continuato a modificare e smussare quelle forme, fino diventare - insieme a pochi altri - riconoscibilissimo.” A parlare è il cantautore Fabio Cinti che lo considera a pieno titolo il suo grande maestro, la sua "grammatica di base", colui che gli ha dimostrato come fosse possibile scalare le classifiche inserendo nei brani riferimenti astrusi a “gesuiti euclidei” o allo “shivaismo tantrico”, passando dall’elettronica al pop, senza mai abbandonare la sperimentazione, elevandoci al misticismo, e in definitiva concentrandosi sull’uomo e la sua anima, senza la quale non sarebbe altro che “l'animale più domestico e più stupido che c’è”. E poi racconta di quando con Morgan raggiunsero Battiato a casa sua: “Da Catania dovevamo passare a prendere anche Franco per andare in aeroporto e fare insieme il viaggio verso Milano. Al mattino andammo a Milo, suonammo alla porta e lui rispose dicendo che voleva essere aiutato a portare alcune valige pesanti, dunque di entrare tutti. Ma, una volta entrati, non c’era nessuna valigia: era semplicemente in leggero ritardo, era lì con la camicia sbottonata fuori dei pantaloni, e per ingannare l’attesa ci aveva fatto preparare un’abbondante colazione a tutti".

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Franco Battiato e Morgan

Morgan conobbe Battiato nel 1995 “Dopo il concerto del primo maggio, entrò nel camerino dei Bluvertigo e disse: «Volevo conoscerti perché quando canti mi sembro io». Nell’intervista rilasciata in esclusiva per Mow Mag racconta di quella volta che andò a pranzo con Battiato e il filosofo Manlio Sgalambro autore di molti suoi testi: « Appena ho guardato la porta d’ingresso del ristorante ero emozionato, sono entrato e da lì ho visto le sagome di Battiato e Sgalambro arrivare al di là della porta a specchio del locale. Ci si dava del lei, erano ironici di brutto…. Franco mi diceva: “Dove andremo con questi nuovi cibernetici, viviamo nel neoprimitivismo, ma che ci importa della letteratura gotica, che ci importa della svastica…”, poi si rivolgeva a Sgalambro: “Lei Manlio trascura il fatto che la simbologia è molto più antica perché dobbiamo risalire ad un altro tipo di cultura”. Poi mi chiedeva: “Ma di questo Lou Reed che ne pensa?”. Non mi faceva nemmeno rispondere: “Lou Reed è uno che sputa quando canta, trascina sé stesso dentro la canzone, diventa un fantasma di sé, però ci sono almeno due pezzi dei Velvet Underground come Sunday Morning che sono illuminanti». Con Battiato Morgan registra Gommalacca e per l’occasione andò da lui a Catania “Dipingeva con un grembiule da venditore di frutta e stivali da pescatore, sul balconcino, io lavoravo a fare gli arrangiamenti. Ogni tanto cambiava due tre note, spostava un semitono, “questo più su, no più giù, no più su, un poco più giù, ecco, ecco, così”. E con noi c’era anche il cantautore Juri Camiscasca, faceva le dorature dei quadri, era uscito dal monastero dopo 11 anni di clausura ed era un’altra presenza allucinante. Amava tutto quello che facevo. Gli facevo un accordo e gioiva. Gioiva per ogni cosa. Quel momento fu storico. Battiato mi manca tantissimo adesso».
Perché l’assenza di Battiato la sentiamo tutti, la sentono i suoi allievi, i suoi figli putativi ma soprattuto la sente la musica. 

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Franco Battiato

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