Ci risiamo: i poliziotti violenti da una parte e il nero di periferia che muore ammazzato durante l’arresto dall’altra. Ancora una volta in America. La trama e il tragico epilogo sono purtroppo gli stessi di tante, troppe, altre volte. Ma la regia, proviamo a dircelo, è del tutto diversa. Se la storia degli USA è tristemente piena di regie razziste e xenofobe, il film che ha visto morire George Floyd (vero come è vera la morte) è figlio di una regia più moderna e non identificabile in maniera netta e chiara. Di sicuro non per questo migliore.
Perché qui c’è un uomo che ne tiene un altro sotto il ginocchio mentre lo arresta. Con quello sotto che grida che sta soffocando e la folla stessa - che assiste alla scena - che segnala che quello sotto sta pure sanguinando. Quando una cosa fa schifo già di suo, un uomo che ne ammazza un altro, il mestiere di uno e il colore dell’altro sono solo delle aggiunte. Sacrosante, ma che devono venire dopo. La morte è, per eccellenza, il fatto che basta a se stesso. Adesso è il momento del fatto e basta. Non certo delle riflessioni sul fatto. E, per raccontarlo, basta purtroppo un video (quello in apertura).
Quello che è accaduto prima del video, invece, non è stato chiarito nei dettagli. Floyd sarebbe entrato in un negozio di Minneapolis, pagando un prodotto con una banconota falsa. Da qui una discussione e la richiesta di intervento alla polizia. Quando gli agenti sono arrivati, Floyd era visibilmente sotto l’effetto di droghe. Non voleva scendere dall’auto, ma non risulta fosse armato o che avesse fatto gesti violenti. L’hanno tirato fuori dall’abitacolo e hanno deciso di mettergli le manette. Non sembrava, comunque, pericoloso, hanno riferito alcuni testimoni. Non certo al punto di dover inscenare tutta quella violenza per arrestarlo. Figuriamoci ammazzarlo ignorando le sue richieste di aiuto. I quattro poliziotti sono stati immediatamente licenziati, ma da qualche ora i fatti che li coinvolgono hanno fatto divampare un nuovo incendio sulla mai fino in fondo risolta questione razziale.
In tutti gli Stati Uniti, migliaia di manifestanti sono scesi in piazza in maniera pacifica e molti sportivi hanno già preso posizione facendo immediatamente diventare l'omicidio di Floyd la drammatica manifestazione di una tragica questione sociale.
Grande la sensibilità mostrata, in particolare, da un ambiente come quello dell'NBA. Lebron James ha postato in queste ore, sul suo account Instagram, una foto dell'uccisione di Floyd a fianco a una di Colin Kaepernick, il giocatore della NFL che a partire dall'estate 2016, ha preso a smettere di alzarsi durante l'inno nazionale suonato prima di ogni partita di football, come segno di protesta nei confronti delle ingiustizie e delle oppressioni delle minoranze negli Stati Uniti. Una protesta che ha portato lo stesso Kaepernick ad essere licenziato dalla squadra per cui giocava. Il post di Lebron recita: “Ora capite adesso? O non è ancora chiaro per voi?”.