Oggi, venerdì 26 marzo 2021, sta andando in scena uno dei più massicci scioperi dei rider dalla loro nascita: incroceranno le braccia per una giornata intera in segno di protesta in più di 20 città italiane; e ribadiscono – nella lettera indirizzata ai consumatori – che è fondamentale il loro supporto, con il fermo delle ordinazioni per almeno 24 ore. Non ci stanno – fanno notare – a restare “un algoritmo”, a proseguire nel loro ruolo quasi letterale di ruota che gira alla bisogna, senza alcuna prospettiva o tutela.
Sono nient’altro che i Candido dell’omonimo romanzo di Guido Maria Brera e del suo collettivo I Diavoli (La Nave di Teseo, 2021), che disegna uno scenario voltairiano di sfruttamento e disuguaglianze sociali e che, evidenzia Brera intervistato per l’occasione da MOW, “vuole essere una cassetta degli attrezzi messa a disposizione di tutti gli invisibili”.
L’appoggio è totale. Gli ultimi, “gli sfruttati”, hanno tutto il diritto di invertire questa condizione e rivendicare una realtà migliore, diversa e più giusta. E in questo senso l’unica e imponente differenza con Voltaire – che Brera ha attualizzato seguendo una sua storica “ossessione” – è che l’obiettivo non è quel finale un po’ disincantato, arreso e umile dipinto dal filosofo francese, bensì un “cambiamento” forte e il più rapido possibile.
Guido Brera, oggi si sta svolgendo uno sciopero dei rider in più di 20 città italiane. Nella lettera indirizzata ai consumatori hanno chiesto esplicitamente il supporto tramite il fermo delle ordinazioni per almeno 24 ore, e hanno sottolineato quanto sia ingiusto essere "un algoritmo". È la presa di coscienza del suo Candido, ma è anche la stessa reazione e, soprattutto, può essere la mossa giusta per un futuro diverso?
Siamo e saremo dalla parte dei rider e degli invisibili, in questo sciopero e oltre. Perché siamo convinti che dopo decenni di narrazioni pacificate sul migliore dei mondi possibili, sia necessario tornare a lottare per diritti che sono stati cancellati. Per questo il nostro Candido dapprima segue filologicamente il romanzo di Voltaire ma a un certo punto se ne distacca, prende coscienza di quelli che sono i bisogni e i desideri della collettività, contrapposti ai suoi falsi bisogni individuali, e decide proprio di partecipare a un grande sciopero cittadino di tutti i rider.
Simili condizioni di lavoro sono paragonabili al caporalato, o si tratta di due situazioni diverse?
Siamo oltre il caporalato, basti pensare che nella storica sentenza del Tribunale di Milano è stato scritto di “condizioni di lavoro paragonabili alla schiavitù”. Questo tipo di rapporti di lavoro, senza alcuna tutela o diritto, privo di orizzonti futuri, non è esclusiva dei rider. Tocca i lavoratori della logistica e dei call center, i lavoratori delle campagne e il cosiddetto lavoro cognitivo, ed è stato reso possibile attraverso una serie di riforme messe in atto negli ultimi trent’anni anche – e soprattutto – dai partiti della sinistra. Riforme che da sole non sarebbero bastate, e che quindi sono state accompagnate da un importante lavoro ideologico di convincimento, una seduzione all’autolesionismo che è uno dei temi più importanti che trattiamo nel Candido.
Tutti i Candido di oggi secondo lei vanno incontro a un finale alla Voltaire, umili ma felici, oppure si preparano a rivoluzionare lo scenario attuale?
Non avessimo la speranza che le cose possono cambiare, e di poter anche noi partecipare a questo cambiamento, non saremmo qua. Con molta umiltà, il nostro Candido vuole essere una cassetta degli attrezzi, messa a disposizione di tutti gli invisibili. Le nostre storie, come collettivo dei Diavoli, sono sempre uno strumento al servizio degli ultimi e degli sfruttati.
Il suo Candido (La Nave di Teseo, 2021) sta riscontrando grandi elogi della critica, ma come l'hanno accolto gli stessi rider? Ha avuto feedback in quel senso?
Abbiamo già incontrato diversi gruppi di rider, sindacalizzati e uniti dal basso, e ci siamo messi a loro disposizione. Abbiamo offerto loro le nostre conoscenze e i nostri saperi, per quanto possano valere. Domani durante lo sciopero metteremo a disposizione anche i nostri corpi. Ma la nostra partecipazione, e quella di tutti quanti, speriamo, non può e non deve finire qui, perché dal giorno dopo lo sciopero comincerà infatti la battaglia più difficile: quella per rimettere in piedi questa società malata. E noi sappiamo da che parte stare.