Spesso per andare avanti bisogna fermarsi. È quello che avviene oggi venerdì 26 marzo con i rider e i ciclo fattorini che lavorano nel settore del food delivery. Da Milano a Napoli, i giovani e gli adulti entrati nel nostro lessico metropolitano si fermano per reclamare tutele e diritti. Perché il #nodeliveryday è anche una giornata in cui prendono spazio volti invisibili, divenuti indispensabili nella routine da pandemia degli Italiani. Secondo i dati dell’Osservatorio 2020 di JustEat, soltanto nel 2020 il delivery tramite app e piattaforme digitali ha raggiunto un valore che oscilla tra 700 e 800 milioni di euro, ed è destinato ad aumentare nel 2021. "Il 26 marzo i rider di tutta Italia si fermeranno in attesa che stavolta tocchi a loro ricevere qualcosa: un contratto vero e proprio, con tutele reali, concrete garanzie, equità e rispetto del loro lavoro" ha scritto il sindacato di categoria Uiltucs.
“Oggi anche il consumatore ha la sua responsabilità” dice Yiftalem Parigi, che ha iniziato a pedalare nel food delivery della gigeconomy non appena maggiorenne. Oggi a 22 anni è rappresentante dei lavoratori e si batte per la tutela e la sicurezza di tutti loro.
Yiftalem, perché oggi è importante scendere in piazza?
“Perché dopo che la Procura di Milano ha detto che il nostro è un lavoro che necessita di un’assunzione a tutti gli effetti, noi rivendichiamo i nostri diritti. È una questione di legalità: oggi noi chiediamo di applicare la legge”.
Quali sono i diritti che un rider chiede?
“I diritti fondamentali, come i contributi a carico delle società piuttosto che i pagamenti a cottimo. Chiediamo il diritto alle ferie e tutte quelle tutele sindacali che riconoscono il nostro come un lavoro dignitoso”.
Che cosa chiedete ai consumatori?
“Oggi chiediamo a tutti i consumatori di non ordinare e sostenerci. Da oggi vediamo un futuro con più diritti e tutele. Nessuno ha più scuse. Una volta si poteva considerare il settore come poco trasparente. Oggi però ci sono alternative, come l’accordo con Padan firmato in Toscana ma anche con Just Eat per la tutela dei rider”.
Quindi ciascuno di noi deve protestare?
“Certo! Oggi i consumatori hanno una responsabilità sociale. L’alternativa nel settore esiste e noi ci battiamo per questo. Alla fine, tutti saremo interessati in futuro da questo fenomeno, soprattutto i nostri figli. Quella di oggi non è una nostra battaglia. È una battaglia di tutti”.