Le menate sul destino non servono a niente. Servono, però, le storie, quelle che magari hanno qualcosa da insegnare e, come in questo caso, qualcosa de denunciare. La storia è la mia, o, meglio, di un mio carissimo amico e l’episodio da denunciare è, invece, quello di cui si è reso protagonista un o una automobilista, che è fuggito lasciandolo steso a terra dopo averne provocato la caduta. Ma andiamo per ordine.
Non molte settimane fa, grazie al lavoro da privilegiato che ho la fortuna di fare, ho avuto una moto in prova. Mi è piaciuta e, compiendo 40 anni da lì a poco, ho deciso di farmi un regalo, acquistando lo stesso modello della moto che avevo guidato per lavoro pochi giorni prima. Chi ama le due ruote può immaginare benissimo la smania di farci un giro serio, programmato per domenica 30 maggio, insieme a due amici con cui solitamente vivo la moto come passione e non come professione. Uno ha la mia età, l’altro ha circa 70 anni ed è uno di quelli a cui si accendono gli occhi quando gli parli di una due ruote. Il lavoro da privilegiato, però, è anche una grana a volte, perché proprio domenica c’era il Mugello e non mi sentivo a posto con la coscienza a lasciare la postazione fissa per vedere il GP d’Italia su qualche passo e scrivere i pezzi con un computer attaccato al volo dentro qualche bar. Insomma, ok la smania per la moto nuova, ma lasciare la scrivania nel giorno del Mugello non mi faceva sentire del tutto a mio agio, anche se avevo attrezzato tutto per “coprire” comunque ciò che avrei dovuto fare.
Quel dubbio lì, insomma, tra la volontà e il sapere di non dovere. Poi sabato l’incidente di Dupasquier in Moto3, quel senso di angoscia che ti viene e la notizia, questa bellissima, che il più grande dei miei figli avrebbe voluto seguire insieme il GP mi hanno fatto alzare il telefono: “Ragazzi, io domani non vengo”. Il messaggio scritto ai miei due amici che, quindi, sono partiti da soli la domenica mattina. Una bella giornata di curve e tagliatelle al tartufo, tra le curvilinee colline di Marche e Umbria, fino ad un incrocio, in territorio di Norcia, verso la nota meta dei motociclisti, Castelluccio. Loro, il più giovane davanti e il più anziano dietro, in salita, una Volkswagen T-Roc bianca in discesa da una strada laterale. Quell’auto s’è immessa sull’arteria principale invadendo totalmente la loro corsia. “L’ho vista – ha raccontato quello davanti – ho evitato l’ostacolo e suonato anche il clacson come per dire ‘ma che cacchio fai?!’. Un istante dopo mi sono visto sorpassato dalla moto spezzata del nostro amico e, poi, proprio da lui che strisciava sull’asfalto. Sono riuscito a non cadere, ho messo il cavalletto e sono corso da lui. Parlava, sembrava cosciente. Così ho alzato gli occhi e ho visto che quella T-Roc si era fermata poco più avanti e ho preso il telefono per chiamare il 118. Neanche il tempo di parlare con gli operatori sanitari e quella macchina era sparita”.
“Ho sentito il clacson della moto che mi precedeva e neanche un istante dopo mi sono trovato quella macchina davanti, tutta dalla mia parte – ha invece raccontato l’amico ferito che, ora, si trova in ospedale con “solo” due gambe spezzate (grazie a tutte le protezioni) e un intervento chirurgico piuttosto delicato da eseguire giovedì – Mi sono buttato più a destra possibile, finendo però con la moto sul gardrail. L’anteriore ha preso uno dei paletti di sostegno e sono caduto. Non ricordo molto altro”. Poi sono arrivati altri motociclisti, alcuni automobilisti, i soccorsi e le forze dell’ordine. Tutti a collaborare per dare in qualche modo una mano in una situazione di difficoltà e anche di pericolo. Non c’era più, però, quella T-Roc bianca. “Non mi ricordo – ha raccontato il ferito – se l’impatto è stato anche con la macchina o meno, ma più delle gambe mi fa male pensare che quella persona sia fuggita. Non per eventuali risarcimenti o cose così, di quello non mi importa nulla, la mia moto era vecchia e valeva tanto in termini di cuore ma molto poco in termini di denari, ma per umanità. E’ la mancanza di umanità che fa un male insopportabile”. Ecco, l’umanità. Dopo il destino che ha risparmiato me (o comunque che assistessi a quella scena), dopo Dupasquier e i dibattiti sull’opportunità di correre nonostante l’ombra feroce della morte, dopo un suv che invade una corsia e scompare. Dopo una moto, o quello che resta, sotto sequestro e le videocamere presenti su quell’arteria viaria già passate al setaccio dalle forze dell’ordine. Tutte cose che avranno un seguito o che sedimenteranno. Ma l’umanità, cristosanto, starebbe bene anche in mezzo alla strada.