La morte del pilota Jason Dupasquier, 19 anni, “a seguito di un grave incidente nella sessione di qualifiche 2 della Moto3 al Gran Premio d'Italia” – oltre al mondo delle corse – sta interrogando in generale sui rischi legati a uno sport che con il limite ha da sempre a che fare. Su questa ennesima tragedia è intervenuto anche Andrea Scanzi, giornalista del Fatto quotidiano e appassionato di moto.
“Dupasquier ha subito un high side, venendo così sbalzato dalla sella per la perdita di aderenza della ruota posteriore. Si sarebbe salvato, nel motomondiale l’high side è quasi parte della pazza routine dei piloti, ma una volta a terra Dupasquier ha vissuto la stessa tragedia di Simoncelli dieci anni fa. Il Sic - che non subì un high side - perse la vita non per la caduta ma per il sopraggiungere di due piloti a tutta velocità (Rossi ed Edwards) – ha esordito -. La notizia è terrificante, come sempre accade per la morte e ancor più per quella di un ragazzo di 19 anni. Il dramma è poi acuito da alcuni aspetti. Anzitutto: la conferma di come il motomondiale era e resti una roulette russa, molto più di qualsiasi altro sport. In Formula 1 puoi raggiungere livelli di sicurezza incredibili, ma in moto c’è sempre il rischio di essere investiti da chi sopraggiunge. E lì puoi solo pregare”.
E in seguito ha criticato alcune caratteristiche del Motomondiale, dalla decisione di continuare a gareggiare all’alta velocità in Moto3: “Risulta poi altamente discutibile la prassi consolidata, e ripetuta anche oggi al Mugello, di andare avanti con le gare come nulla fosse, in nome del famigerato ‘The show must go on’. Un tema qui doppiamente spinoso, perché spesso a voler correre nonostante tutto sono proprio i piloti. C’è poi un altro aspetto, per certi aspetti il più grave, ed è quello che riguarda da vicino proprio una categoria come la Moto3. Quella di Dupasquier. Lo ha spiegato benissimo il pilota Miguel Oliveira: ‘In Moto3 si sta andando troppo forte. So che è per avere spettacolo, ma diventa difficile per i piloti non avere paura in pista e fare questa bagarre in gara e nelle prove. È difficile cambiare qualcosa in una categoria dove la scia fa tanta differenza. Tutti cercano un riferimento per andare più forte. Sono tutti insieme e tutti molto vicini. Quando trovi una pista come il Mugello o il Portimao non vedi l’uscita dalla curva e diventa difficile non centrare qualcuno che cade. In questi ultimi 10 anni tutte le fatalità in pista sono accadute con la dinamica che abbiamo visto ieri’. Parole lucide e durissime – ha concluso Scanzi -, ma che ovviamente i padroni della locomotiva neanche ascolteranno. Perché lo spettacolo deve andare avanti. Costi quel che costi”.