Come Jovanotti ha affrontato la malattia della figlia e come ne ha comunicato guarigione ci dice tanto. E ricorda una frase di un regista scomparso a 57 anni, che andrebbe appesa allo specchio che guardiamo ogni mattina
Da padre ho pensato.
Ho pensato che Jovanotti - in tutti questi mesi in cui ha affrontato il male di sua figlia, insieme a sua figlia e alla madre, supportandola - ha dato un esempio.
Ho pensato che ha fronteggiato una situazione delicatissima in modo intimo, in modo paziente.
Ho pensato che l’ha fatto senza drammi, senza approfittare della potenza mediatica di cui è capace.
Ho pensato che ha comunicato la guarigione mettendosi dietro Teresa, ripostando le sue parole, con eleganza.
Ho pensato che avrà pregato, pianto, e mai perso la speranza che tutto si sarebbe risolto bene.
Ho pensato che mentre partecipava a dirette, lavorava e vagliava tutte le richieste che gli saranno arrivate aveva e viveva il patema di come evolvevano le cure per Teresa.
Ho pensato anche che in questo periodo avrà dovuto sopportare - come spesso gli è successo in passato, come spesso gli succede e come spesso succede a tutte le personalità molto esposte - offese e volgarità derivanti dagli hater.
Ho pensato che ha dimostrato di sopportarle mettendo in pratica quello che ha scritto in una sua canzone: “Mormora, la gente mormora, falla tacere praticando l’allegria...”.
E ho pensato, infine, a un regista scomparso all’età di 57 anni, Carlo Mazzacurati. Che disse: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente. Sii gentile. Sempre”. Una frase che andrebbe scritta su un foglio da appendere allo specchio che guardiamo ogni mattina. Perché del contenuto di quelle parole ce ne dimentichiamo troppe volte, ma oggi no. Almeno oggi no, dai. Facciamo sta promessa.