What a time to be alive, direbbe qualcuno, su Twitter. Perché, dopo una pandemia, dopo innumerevoli fatti di sconcertante gravità passati inosservati perché non possiamo andare a sciare, e dopo una mezza guerra civile negli USA, proprio Twitter sembra essere tornato improvvisamente di moda. Ci siamo risvegliati di punto in bianco nel 2009? No, ma, come tutti sapete, il Presidente degli Stati Uniti d’America è stato espulso dalla piattaforma di micro-blogging (come si diceva una volta) e la cosa ha generato un grande dibattito. Fanno bene, quei mattacchioni dei Proud Boys, a indignarsi per l’estromissione del loro amichetto dal parco giochi dei montessoriani del web? Difficile dirlo. Vero è che Twitter & co. non hanno mai mostrato un’analoga severità nei confronti di soggetti ben più pericolosi (leggi alla voce dittatori, terroristi, ecc.), ma è altrettanto vero che le aziende che gestiscono i social network sono soggetti privati, ai quali, di certo, non può essere imposto di dare visibilità a chicchessia. E, in questo senso, è del tutto evidente come la scelta di mettere al bando Trump, o di permettere ancora di esprimersi a gente come Nicolas Maduro, risponda a mere valutazioni di carattere economico che hanno soltanto a che fare con il cambiamento di inquilini alla Casa Bianca, nel primo caso, e con la necessità di tutelare la propria presenza in alcuni mercati, nel secondo. Ci siamo risvegliati, quindi, semplicemente, nel 2021, abbiamo realizzato che esiste un problema di concentrazione dei poteri e che servirà chissà quanto per partorire (forse) una soluzione sensata per risolverlo (che vogliamo fare? Social Network di stato?). Tanto è bastato, in ogni caso, perché il die hard dei social tornasse a godere di un’attenzione capace di travalicare le mura della redazione (virtuale) di Rivista Studio e perché i suoi fan potessero legittimamente domandarsi che ne sarà del loro ritrovo, nei prossimo mesi. Anche se la borsa non ci crede (-8,3% dal 10 gennaio ad oggi, per il suo titolo in borsa), ve lo diciamo noi: il futuro di Twitter è roseo, grazie a Mark Zuckerberg e a Onlyfans.
Twitter nel 2020
Ora, come spiegarvi cos’è diventato Twitter negli ultimi anni? Proviamo con un esempio. Avete mai sentito parlare di “trigger warning”? No, non l’avete mai fatto perché vivete nel mondo reale, avete una vita, un lavoro e perché se Di Maio fosse stato in classe vostra, non sarebbe mai diventato vice Presidente del Consiglio - a volte, la funzione educativa del bullismo è sottovalutata. Il trigger warning è l’avvertimento che viene inserito all’inizio di un post, per avvisare della presenza, al suo interno, di contenuti che potrebbero rievocare uno o più traumi in chi si appresti a leggerlo. Esempio: sto per pubblicare un contenuto relativo a una violenza sessuale e, all’inizio del post, scrivo “TW: violenza sessuale”, così che chi abbia subito una violenza non continui nella lettura del post stesso. Di trigger warning si parla da anni, ma soltanto negli ultimi mesi la cosa - come facilmente prevedibile - ha assunto toni farseschi, proprio su Twitter. Dai in mano il trigger warning agli utenti di Twitter e quello che ti tornerà indietro sono commenti indignati per aver parlato di cibo. Anzi, critiche a chi critica la pubblicazione di post sul cibo senza TW alert.
D’altro canto, Twitter è lo stesso posto in cui Una pezza di Lundini è il programma più visto dell’anno (nel mondo reale lo share medio è stato del 2,46% e con punte dello 0,90% quando ospite era Myss Keta) e alla Bignardi è stato chiuso “inspiegabilmente” l’Assedio (media share 1,3%). O quello in cui ci si chiede se l’abbigliamento di Jake Angeli, durante l’assalto a Capital Hill, non rappresenti un caso di appropriazione culturale nei confronti dei vichinghi - come direbbero proprio su Twitter: #truestory.
Twitter, in altre parole, è diventato il posto in cui si concentra la più alta densità di passivo-aggressivi che sia mai stata rilevata e in cui ogni mattina un utente si sveglia e sa che dovrà prendersela con qualcuno.
Il mondo di mezzo
A creare derive distopiche e ad assicurare a Twitter un futuro oltre i catechisti della rete, ci pensa, tuttavia, una piccola falla nel sistema. Twitter, nell’anno del signore 2021, non applica alcun tipo di censura ai contenuti sessualmente espliciti, men che meno ai media che vengono condivisi al suo interno.
In pratica, se non ti indigni perché su Italia 1 fanno vedere le tette di Jamie Lee Curtis il 24 dicembre sei uno stronzo, ma se alla tua timeline aggiungi i selfie di “sara porcellacaserta 25K”, tra un tweet di Alexandria Ocasio-Cortez e l’altro, è ok.
Un’opportunità che ultimamente sta attirando un esercito di modelle e di fotografi/e, in cerca di una vetrina alternativa a Instagram per i propri canali Patreon e Onlyfans.
Se, infatti, il social network parente di Facebook appare sempre più restrittivo nell’applicare il proprio regolamento iper puritano, Twitter rappresenta un’isola felice in cui è possibile, non soltanto pubblicare le stesse foto che su Instagram sarebbero a rischio censura, ma anche spingersi un po’ più in là, creando un’ideale testa di ponte tra i chiusissimi contenuti riservati agli utenti delle piattaforme a pagamento e il mondo del web alla luce del sole. Sia chiaro, non si tratta, ad oggi, di una vera e propria partnership. Nulla di ufficiale, nessun sodalizio anti-Zuckerberg, almeno, per quanto è dato sapersi, ma una semplice forma di ottimizzazione, una multicanalità, che gli operosissimi creatori di contenuti per adulti hanno saputo dapprima scorgere e, poi, utilizzare a proprio vantaggio.
Un mondo di mezzo, per dirla alla Carminati, che sta assumendo le sembianze dell’ultimo baluardo di libertà, tra i social main stream, e in cui si ritrovano inspiegabilmente a convivere, da una parte, l’esercito della morale dell’internet e, dall’altra, una varietà di contenuti che spaziano dal soft core, alle peggio zozzerie che si possano trovare in rete. Ma la storia ce lo insegna: il porno vince sempre sul male ed è per questo che - ne siamo certi - il nuovo inaspettato connubio tra Onlyfans e Twitter permetterà a quest’ultimo di campare ancora cent’anni. Con buona pace dei Proud Boys.