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La crisi mistica di un 50enne

Lancia in resta e via

Luca Marzio Garavaglia

9 dicembre 2020

"There is a light that never goes out" scrivevano Steven Morrissey e Johnny Marr (the Smiths) nel lontano 1987. La mia adolescenza. Loro e i Timoria, che 25 anni fa in “2020” riuscirono a prevedere buona parte del mondo attuale. Che non è proprio bellissimo, ma migliorabile

di Luca Marzio Garavaglia Luca Marzio Garavaglia

Siamo tutti sotto steola, ogni giorno, disse il maestro.

La Steola è una posizione biliardistica, nel gioco del biliardo a 5 e 9 birilli, nella quale vi è interferenza o frapposizione del pallino tra le due bilie, battente ed avversaria, cosa che rende impossibile un più o meno semplice tiro diretto.

Perché io gioco a biliardo a birilli da 33 anni, ho vinto tanto e perso molto e sono sempre sotto steola, sempre sotto esame, sempre insoddisfatto e alla ricerca del meglio da me stesso. Sempre piacevolmente scontento. Comfortably stubborn, direi.

Perché tutti abbiamo subito una steola, nella vita: sul lavoro, in amore quando non siamo corrisposti, nelle faccende quotidiane quando non veniamo a capo di nulla. 

Magari stiamo subendo la cosiddetta steola "cinese" dove il pallino è dinanzi alla bilia battente e ci impedisce un tiro comodo. Una rottura di coglioni insomma, per come la si veda o voglia prefigurarsela tale è. La steola può essere per l'appunto anche dura, durissima, o impossibile e, tragicamente, senza via d’uscita. Lo “scacco matto” biliardistico.

Sarà la nostra capacità di trovare la via d'uscita e di lavorarci sopra la questione più importante: che il nostro pensiero sia lineare o no, o laterale per dirla alla De Bono, l'importante è uscire da una situazione di disagio e di stress in maniera più o meno eclettica od originale. Come una Chitarra Vox Streamliner XII, complicata ma piena di risorse.

A volte però bisogna prendere atto che la situazione non è risolvibile e lasciare andare, passare alla fase successiva e far tesoro del trascorso precedente. Bisogna saper perdere per imparare a vincere, e imparare poi a vincere analizzando le vittorie in maniera onesta, per non abituarsi a perdere ancora e nascondersi dietro alle più banali giustificazioni. 

È la storia della vita e dell'amore, mettersi in gioco, ripararsi, ricostruirsi, migliorarsi, analizzare i propri errori. Poi certo, la "steccaccia" è sempre in agguato, proprio perché la perfezione non esiste. Ma ci ricorderemo delle nostre cicatrici così come dei nostri tatuaggi. Dei nostri amori perduti, delle canzoni imprese nel nostro cuore “noir”.

D’altro canto non possiamo nemmeno vivere tre volte la stessa vita, come diceva il Conte Brunelli, nelle folli notti milanesi tra dadi, bische e alcool, la prima per farci una idea di base, la seconda per osservare bene il da farsi e la terza per metterlo in culo a tutti, belli e brutti.

E poi c’è il mio biliardo sportivo, che è allenamento, apprendimento, sviluppo della teoria e della pratica e tanta applicazione e sofferenza. Arte sportiva e sofferenza, ed anche musica e melodia in un altro senso, perché si suona sempre uno spartito diverso sul tappeto verde. Tanti piccoli Paganini dell’Accademia del Biliardo. Un amore inconfessabile. Un fuoco sacro, inebriante.

Dato l'addio da anni alle sale fumose, che ci coccolano però nei lontani ricordi del tempo che fu fino alla prima Milano da bere di fine anni 80, abbiamo oggi locali accoglienti e luminosi, confortevoli, dove possiamo anche leggere un libro o portare amici e fidanzate senza remore e, magari, sentire della buona musica rock. E, parafrasando Pinketts, trovare il senso dei birilli.

Come nella vita così nel biliardo dobbiamo e possiamo scegliere, ed essere responsabili delle nostre scelte. Al bando la fortuna o la sfortuna. Siamo noi i responsabili di tutto.

Così è per i birilli, li abbattiamo, come le nostre difficoltà nella vita...ma poi li rimettiamo su, ci saranno altri birilli ed altre difficoltà da affrontare. Lancia in resta e via.

Ed il biliardo, il gioco del diavolo, è una maledizione… piacevole, e una volta entrato in noi ci accompagnerà maliziosamente per tutta la vita, con tanti alti e bassi, grandi picchi e grandi sofferenze, così come accade per l’amore, che è il motivo per cui un (prossimo) 50enne filosofeggia alle 5 del mattino, insonne, sulla contaminazione tra le sue passioni vitali e pensando che la generazione degli anni 70, con ogni probabilità e contrariamente a ciò che si pensa comunemente, è la peggiore di tutte, allevata nella bambagia e poco incline alla sofferenza ed al sacrificio, tanto nella vita quanto negli affetti. 

Dobbiamo crederci, impegnarci e vincere anche questa partita, per noi, per i nostri figli.

"There is a light that never goes out”.

 

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