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Strage in Messico,
Piervincenzi: "Come in Italia,
nel degrado prosperano le mafie"

  • di Glauco Boniforti Glauco Boniforti

21 marzo 2021

Strage in Messico, Piervincenzi: "Come in Italia, nel degrado prosperano le mafie"
Si è trattato di uno dei peggiori attacchi in Messico contro le forze dell'ordine degli ultimi anni. Più grave di quello del 15 aprile 2015, quando 15 poliziotti furono uccisi da uomini del cartello di narcotrafficanti "Jalisco Nueva Generación'. Per Roberto Saviano il legame più forte tra Messico ed Europa è quello fra il cartello del Golfo e alcune famiglie della ‘Ndrangheta

di Glauco Boniforti Glauco Boniforti

Coatepec Harinas, Stato del Mexico. 80 chilometri da Città del Messico. 18 marzo 2021.

Elementi della polizia di stato e agenti della polizia investigativa sono vittima di un’imboscata da parte di una non identificata banda criminale: muoiono 17 agenti. Le forze dell’ordine stavano pattugliando la zona in seguito a una denuncia anonima nei confronti del potere che è arrivato a possedere una banda della criminalità organizzata nella zona nota come Llano Grande.

Non è una novità che la zona sia teatro di civili sotto scacco della criminalità organizzata, ma le denunce spesso, a causa delle minacce inflitte alle vittime, non arrivano. Il gruppo è stato attaccato da diversi uomini armati, che hanno ucciso a sangue freddo gli agenti. Poco dopo un incidente simile; protagonista la stessa banda che ha agito a Coatepec Harinas. Quattro morti. Un episodio che ricorda quello del 15 aprile 2015, quando 15 poliziotti furono uccisi da uomini armati appartenenti al cartello di narcotrafficanti “Jalisco Nueva generatiòn”, nel comune di San Sebastiàn Del Oeste, stato occidentale del Jasilisco.

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La strage di poliziotti in Messico

Molti ritengono che l’aggressione sia ad opera dello stesso cartello, o comunque di un’organizzazione vicina. Il cartello di Jalisco nasce nel 2011 e da quel momento lotta per il controllo dello Stato del Messico. I Cartelli, le stragi e le popolazioni intimorite fanno tutti parte di una cosa molto più grande delle semplici imboscate: la Guerra Messicana per la droga, un conflitto armato che vede contrapposti tra loro i cartelli messicani della droga, che intanto combattono contro le forze armate del governo messicano. La principale merce venduta? Ovviamente la cocaina.

I principali compratori? Ovviamente gli Stati Uniti, che godono di un mercato che varia da 13,6 a 48,4 miliardi di euro all’anno. Sono infatti gli USA che “finanziano” la guerra messicana per la droga, acquistando ogni anno miliardi di dollari di cocaina. Ma non sono gli unici. Il boom della domanda di cocaina dall’Europa non è recente ma è comunque un dato meno noto all’opinione pubblica. La ‘ndrangheta e la Camorra, organizzazioni mafiose nostrane e dal gusto squisitamente Italico, furono coinvolte in un’operazione internazionale di contrasto al traffico di droga che, oltre all’Italia, aveva coinvolto stati Uniti e Cina.

L’operazione era stata promossa proprio dal ministro della giustizia degli Stati Uniti nel 2008 e aveva comportato diversi arresti in Calabria per presunti collegamenti con i Los Zetas messicani e per l’apertura di un canale preferenziale per il traffico di droga verso l’Europa dal Messico attraverso la Locride.

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Daniele Piervincenzi

Secondo Roberto Saviano il legame più forte tra Messico ed Europa è quello tra il cartello del Golfo e alcune famiglie della ‘Ndrangheta; ecco come in pochi collegamenti, partendo da una sparatoria avvenuta ieri in una regione sconosciuta del Messico, siamo arrivati all’Italia. Ogni volta che sentiamo parlare di organizzazioni criminali, bande rivali e miliardi di euro di droga che viaggiano nei camion immaginiamo una realtà lontana, aliena, una realtà di cui non ci possiamo interessare poiché troppo distante e sfuggente dal nostro possibile raggio d’azione.

Non ci dobbiamo mai dimenticare che anche Coatepec Harinas è casa nostra. Ad aiutarci a costruire un quadro generale su come operano, oggi, le organizzazioni criminali, è stato Daniele Piervincenzi. Giornalista romano, molti si ricorderanno di lui grazie all’aggressione subita da parte di Roberto Spada a Nuova Ostia. Daniele, che si è prestato a rispondere a qualunque domanda, è stato un elemento d’oro per dare una struttura solida a questo racconto.

“Oggi le organizzazioni criminali operano in modo completamente diverso rispetto al passato”. Esordisce così il giornalista quando gli chiedo come operano oggi i clan e le organizzazioni. Ricostruendo in un corpo organico le sue risposte, ecco quello che ci ha spiegato. “Le organizzazioni, oggi, hanno capito che la strategia della tensione non funziona più. Questa strategia è la stessa che ha devastato Cosa Nostra, quando lo stato ha deciso di intestarsi la guerra contro la Cosa Nostra dei Corleonesi”, e così ha proseguito:

“Il clan mafioso ha deciso di 'immergersi' e Bernardo Provenzano, dopo Totò Riina, ha preparato questa restaurazione. Da Provenzano ha imparato poi Matteo Messina Denaro, anche noto come “La testa dell’acqua”. La nuova Cosa Nostra è immersa sotto il terreno. Invisibile. Cosa Nostra oggi è rappresentabile da una piramide: la base della piramide, sottoterra, è costituita dall’organizzazione mafiosa vera e propria, mentre la punta è definita dagli “invisibili”, ossia imprenditori finanzieri e commercialisti vicini al Clan e in alcuni casi, addetti”

Con le dichiarazioni pocanzi indicate, Piervincenzi ha delineato alcuni punti fondamentali per delineare le vicende dei clan.

Insomma, un quadro ramificato, ma noto agli addetti al settore. Il problema è che le guerre che noi facciamo sono sempre rivolte verso le figure intermedie o di basso profilo, come ad esempio i piccoli spacciatori. “Il sistema giudiziario italiano è ingolfato a causa di continui processi verso disperati che nella vita hanno avuto poche scelte oltre a quella di guadagnare qualcosa vendendo la droga nelle strade”. Indovinate chi consegna la droga a questi piccoli spacciatori? Ciò che possiamo evincere è che la volontà della criminalità stessa è che ci sia degrado e povertà: solo così i paesi e le città possono essere tenuti sotto scacco.

Il giornalista romano conclude: “Sono i criminali stessi che vogliono che ci siano quartieri come Ardillà, comune a Reggio Calabria dove la ‘Ndrangheta gestisce lo spaccio. La zona è spesso teatro di retate in cui vengono arrestati 20, 30, 40 piccoli spacciatori, senza mai risolvere davvero il problema alla fonte”

Contro la solita e noiosa retorica delle strade sicure dagli spacciatori vorrei che ci fosse qualcuno che, come me, crede che il problema sia un altro. Vorrei che ci fosse qualcun altro che, quando legge degli episodi accaduti ieri Coatepec Harinas, non pensi che si tratti di un semplice episodio di cronaca dall’altra parte del mondo.

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