Spero che da giovani o da meno giovani siate stati a Disney world, ma va bene anche Gardaland. E spero che qualcuno di voi abbia deciso – temerario – di immolare il proprio stomaco su montagne russe spericolate, "non adatte ai cardiopatici", "non per i bambini al di sotto del metro" eccetera. La preoccupazione è tangibile, il chiacchiericcio è costante. Chi l'ha già fatta, chi non l'ha fatta, chi ha il cugino che l'ha fatta, ma come stai, ma hai la nausea, ma le facce di chi esce, ma guarda quello com'è verde...
Sembrava di stare in coda a Gardaland, lunedì, in attesa del vaccino anti Covid. Premessa doverosa, rientro in una di quelle categorie "protette", sono abbastanza giovane, ma insegno in un istituto universitario. Quindi eccomi qui, convocato. Attorno a me, per dovere di cronaca letteralmente intorno, una divisione intera di insegnanti e personale non docente del Conservatorio di Milano. La convocazione era alle 16:20 in Fiera, lunedì 15, viale Scarampo, e io sono incredibilmente puntale.
Per il vero, è già da qualche giorno che il vaccino Astra Zeneca dà un po' di problemi: premetto, di nuovo, sono totalmente pro vax. Mi sono informato con tutte le statistiche possibili, le probabilità, gli studi di settore, le fonti straniere, quelle più affidabili italiane. Non ho paura di vaccinarmi, qualsiasi sia il vaccino. Ma questo benedetto Astra Zeneca pare stia facendo ricredere anche i Paesi più progrediti: la causa è questo conseguente aumento - pare conseguente - dei casi di trombosi nelle persone vaccinate. Mi dovrei cagare sotto, perché una trombosi ce l'ho avuta già una decina di anni fa, e mi aveva fatto vincere una settimana premio in un centro neurologico, visto che mi aveva preso la testa. Ma no. Voglio riprendere la mia libertà! (addirittura, magari meno).
Attorno a me le preoccupazioni sono palpabili, di nuovo, quelle delle montagne russe. Disinformazione al livello massimo, amici di amici in videochiamata, genitori eccetera. Per farla breve, sono tutti così attaccati al telefono che uno becca una news appena battuta: il vaccino Astra Zeneca, il più diffuso e conveniente, quello che stiamo per fare, è stato sospeso anche in Italia. Oh là là. Guardo in sequenza ansa.it, corriere.it, ilpost.it, repubblica.it. Solo uno di questi riporta una notizia. Forse un'incomprensione, una sparata? Faccio questa ricerca "quale vaccino fanno in fiera milano", ovviamente Google mi spernacchia e non mi restituisce mezzo risultato. Fatto sta che, testa china sullo schermo, ci chiedono di entrare in una mega sala d'attesa.
Misurazione della febbre, lavaggio delle mani, ingresso in una camerona tutti belli distanziati, foglietti da compilare con una penna che non ho. Nei fogli, ecco qua. Astra Zeneca. Tu quoque! Segue una sfilza di crocette da mettere, quelle più o meno richieste per ogni visita specialistica, per ogni esame un po' più tosto degli altri. Devono esserci due medici presenti che ti raccontano tutta la casistica, i rischi. Poi i benefici li sai da te: magari hai il passaporto per andare in Sardegna, ad esempio.
Inizio a chiedere penne in prestito e inizio a refreshare le pagine. Pare che questa cosa della sospensione sia vera. Qualcuno ha già detto "Io vado a casa". Io resto e attendo. Il manipolo del conservatorio si assembra attorno a chi è più informato: ci sono sempre stati quelli un po' più svegli degli altri a scuola, qui mi sembra uguale. Un paio guidano la conversazione, uno chiama tutti "dottore", un'altra chiama la direzione in vivavoce, preoccupata delle notizie che si diffondono. Intanto la protezione civile sta dicendo all'esterno che non fanno più entrare persone per un problema informatico, o così ci dicono da fuori (sempre altri del conservatorio, in quanti ci lavorano?). Chiediamo informazioni ma ci dicono di aspettare.
Passa mezz'ora, ci dicono di aspettare. Iniziamo a vedere passare le squadre antiincendio, un po' di infermieri, vanno via. Fuori, le spie russe del conservatorio, ci dicono che stanno distribuendo un foglio. È un'informativa dell'Aifa, ufficiale, in cui si annuncia la sospensione. Mandano una foto all'interno, chi la riceve legge ad alta voce il contenuto. Noi aspettiamo, intanto. Aspettiamo perché io, comunque, se posso, me lo vorrei fare. Metti che siamo gli ultimi fortunati. E se siamo sfortunati ce lo dirà solo il tempo. Ma eccolo, arriva.
Arriva un medico, con due infermieri. Un'infermiera ha in mano un microfono e un altoparlante portatile, un po' da comizio politico arrangiato. Non serve, stiamo in silenzio. Sostanzialmente si scusa per l'attesa, ci dice quello che sappiamo già e ci saluta. Salvo venire interrotto un paio di volte da quello che – sopra – chiamava tutti "dottore". Ci avrei scommesso. È pronto a rispondere alle domande e un paio, le più sensate, gliele fa una signora sicuramente over 65, la più vogliosa di vaccinarsi, la più correttamente informata. Sa tutto, conosce tutto, sa i rischi. Tutto! Alla faccia delle mezze informazioni degli altri. Un'altra signora, più giovane, bionda, vestita molto bene, chiede direttamente al medico quando ci chiameranno per recuperare. Ovviamente, non c'è risposta. C'è anche una suora, che da quando siamo entrati ha gli auricolari indosso. Li toglie, ascolta, e se li rimette.
Attendiamo l'ok della protezione civile per uscire senza problemi. Io continuo a fingere di non sentire le percentuali di copertura snocciolate da qualcuno. Inutile dire che si sprecano i “meglio così”, lo stesso che mi dicono i miei amici quando comunico il mio pomeriggio sprecato, i colleghi anche, meglio così, mia mamma, meglio così. Che devo dire. Meglio così?