È incredibile come in questo ormai protratto periodo di pandemia ai potenti italiani “scappino” frasi clamorose che in qualunque altro periodo (e forse anche in questo periodo in qualunque altro Paese almeno parzialmente democratico) costerebbero loro, nel migliore dei casi, la carriera: l’ultimo della nutrita lista, che comprende tra gli altri il premier Mario Draghi (vedi, tra le altre, la sua recente dichiarazione sui non vaccinati che, pur non violando alcuna legge, a suo dire non fanno “parte della società con tutti noi” e vengono trattati di conseguenza), è uno dei suoi precedessori a Palazzo Chigi, sempre in quota tecnica, sempre non eletto, sempre sia lodato: Mario Monti.
Monti, nominato in tutta fretta senatore a vita prima del conferimento dell’incarico di presidente del Consiglio nel novembre 2011 (incarico che ha ricoperto per un anno e mezzo, tra austerità e Fornero, prima di venir spazzato via alle elezioni del 2013), ha detto in tutta tranquillità in televisione, a In Onda su La7, nel corso di un intervento per vari motivi allarmante, che “bisogna trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione”.
Evidentemente al professore bocconiano non basta la censura messa in atto dalle piattaforme social per chiunque si discosti minimamente dal pandemicamente corretto, non gli è sufficiente che tra le principali testate giornalistiche italiane solo una (la Verità) si discosti parzialmente dai dettami del giornale unico del virus ed è per lui un dettaglio da nulla che in Parlamento non ci sia di fatto alcuna opposizione a un Governo Draghi che sta adottando misure sempre più liberticide e coercitive persino in termini di trattamenti sanitari.
Per Monti, sempre parole sue, dopo lo scoppio della pandemia “il modo in cui è organizzato il nostro mondo è desueto, non serve più”. Per il senatore a vita siamo in guerra, “ma non abbiamo minimamente usato in nessun Paese una politica di comunicazione adatta alla guerra. E forse oggi non si riesce più, anche se ci fosse una guerra vera (quindi non siamo in guerra, ndr), ad avere una comunicazione come quella che si aveva nel caso di guerre. Io credo che bisognerà, andando avanti in questa pandemia e comunque per futuri disastri globali della salute, trovare un sistema che dosi dall’alto l’informazione”.
Cioè? “Comunicazione di guerra significa che c’è un dosaggio di informazione che nel caso di guerre tradizionali è odioso, perché vuole far virare la coscienza e la consapevolezza della gente”. Per questa situazione invece per Monti non solo andrebbe bene, ma sarebbe doveroso: “Noi ci siamo abituati a considerare la possibilità incondizionata di dire qualsiasi profonda verità o qualsiasi profonda sciocchezza su qualunque media come un diritto inalienabile garantito dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo… Signori, in caso di guerra…” A privarci del finale di Monti arriva il commento di Parenzo (“Non ce lo possiamo permettere. È interessante”), dopodiché la conduttrice Concita De Gregorio, non certo una firma della Verità, ravvede gli estremi per obiettare: “Il problema che vedo è chi decide, perché noi abbiamo avuto in un passato nemmeno troppo remoto il Ministero della propaganda e il Ministero della propaganda faceva questo, cioè controllava l’informazione sotto un regime, una dittatura”.
E in un regime almeno teoricamente democratico questo “dosaggio” della “somministrazione” (a proposito di visione sanitaria del mondo) chi dovrebbe farlo? “La… e… il… il… il Governo, ispirato, nutrito, istruito dalle autorità sanitarie”, l’incespicante ma devastante risposta di Monti. D’altra lo stesso Monti ammette: “Ma guardate che ci siamo già a questo”. Parenzo prova a fare l’esegeta dell’idea di Monti (“l’Oms passa le informazioni ai governi e il Ministero della salute o il presidente del Consiglio poi comunica la questione”) e persino il virologo Bassetti fa un’espressione tra il dubbioso e l’allibito.
Marco Damilano, direttore dell’Espresso (anche lui non della Verità), sottolinea che la comunicazione di guerra è già stata fatta soprattutto all’inizio della pandemia con “il bollettino dal fronte, per restare a questa metafora odiosa, che serviva anche, diciamolo pure, a far accettare delle misure che nessuno di noi aveva messo in conto di vivere nella propria vita, il lockdown, restrizioni della libertà di movimento ma restrizioni della libertà di fare praticamente qualunque cosa”.
Non è tutto, perché per Monti “occorre che i governi cedano maggiori poteri”. A chi? All’Oms: “Occorre che l’Organizzazione mondiale della sanità abbia in certi campi poteri cogenti nei confronti dei governi, come l’Unione Europea ne ha nei confronti dei Paesi membri”. Cioè? Imporre delle scelte? “Appunto. Siamo nella condizione in cui gran parte dei Paesi riconosce la necessità di cedere un pezzetto di sovranità al livello superiore. Poi però il paradosso è che è una guerra e non abbiamo saputo gestire bene l’informazione da guerra”.
Tra le continue interruzioni subite e i discorsi di per sé frastagliati di Monti, la De Gregorio “ricorda” che Monti riveste un ruolo proprio all’interno dell’Oms (è presidente della commissione europea per la salute e lo sviluppo sostenibile istituita dall’Organizzazione mondiale della sanità). Ma ovviamente, come direbbero quelli del pandemicamente corretto, nessuna correlazione.