Mi sono chiesta perché Selvaggia Lucarelli abbia reagito in modo così acceso alla canzone di Simone Cristicchi, Quando sarai piccola, trasformando un testo dal tema delicato in un’occasione di scontro. Non si è trattato di una semplice critica artistica, ma di una presa di posizione particolarmente dura, quasi personale. In un primo momento ho pensato, forse in modo pregiudiziale, che la sua fosse una scelta dettata da motivazioni ideologiche, magari il tentativo di colpire indirettamente un’area politica avversa attraverso Cristicchi. Ma più riflettevo, più mi sembrava una spiegazione superficiale e riduttiva.
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Mi è tornata in mente una frase di Lucio Corsi, altro concorrente di questa edizione di Sanremo 2025, sull’arte: “L’arte non è quella che si autoafferma, ma quella che gli altri attribuiscono a una tua composizione”. In altre parole, un’opera non esiste solo per ciò che l’autore intende esprimere, ma per il significato che gli altri le attribuiscono. E allora mi sono chiesta: qual è il significato che Selvaggia Lucarelli ha visto in questa canzone? Perché ha sentito l’urgenza di schierarsi così fermamente contro?
Ho cercato qualcosa sulla sua storia personale e ho scoperto che la sua famiglia ha scelto di accompagnare sua madre in una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale). Un tema doloroso, che tocca corde intime e profonde. Forse, più che prendersela con Cristicchi, sta combattendo contro qualcosa di più grande: il senso di colpa che spesso accompagna chi si trova a dover prendere una decisione simile. Forse, vedere un’opera che racconta il dolore della perdita e della malattia in un certo modo ha risvegliato emozioni irrisolte, portandola a reagire con forza, quasi a voler prendere le distanze da quel dolore.
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Eppure, se ci si sofferma un attimo a riflettere, emerge un aspetto paradossale: Lucarelli e Cristicchi, pur su fronti opposti nella polemica, condividono in realtà un’esperienza comune, quella della sofferenza legata alla malattia di un genitore. E proprio per questo l’arte, anziché dividere, dovrebbe diventare un ponte per il dialogo, un luogo di incontro e comprensione. Perché il dolore, quando riconosciuto e accolto, può unire più di quanto possa separare.
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