Moana Pozzi non era una pornostar, era La pornostar. Dopo di lei nessuna ha raggiunto i suoi livelli di fama e soprattutto di venerazione. Adorata e amata come una sorta di santa laica della pornografia: più si concedeva agli altri più era inarrivabile e misteriosa. Il suo non era un semplice lavoro ma una vera e propria vocazione che aveva scelto consapevolmente e volontariamente. Non aveva avuto traumi infantili, né proveniva da una famiglia disagiata anzi tutto il contrario: «ricordo la mia infanzia come un periodo sereno e senza problemi. I miei genitori erano affettuosi e attenti ai miei bisogni e a quelli di mia sorella Mima, di due anni più giovane».
Il sesso non era contemplato in una famiglia dove si studiava dalla suore, ma Moana scopre presto la sua predisposizione naturale; a 13 anni nelle gite di classe al mare si faceva scattare polaroid senza il reggiseno dai compagni di classe. Il sesso vero e proprio non tarda ad arrivare: «ho perso la mia verginità nella primavera del 1976 all’età di quindici anni. Lui ne aveva ventitré, si chiamava Antonio ed era uno studente universitario. Un pomeriggio mentre stavo aspettando l’autobus si fermò con la sua Mini Cooper e mi chiese se volevo un passaggio. Accettai e mi ritrovai nella pineta di Mornese. Lui non mi piaceva ma devo ammettere che avevo un gran desiderio di provare cosa fosse il sesso nel modo più completo».
A 18 anni si trasferisce a Roma dove comincia a lavorare come modella spogliandosi per pittori veri o pseudo tali. Nel 1980 arriva in televisione con il programma per ragazzi Tip Tap Club e contemporaneamente, sotto pseudonimo, inizia a recitare in alcuni film hard. Ovviamente la cosa le costa il licenziamento dalla Rai e la rottura con la sua famiglia con cui però riallaccerà i rapporti dopo poco. I suoi genitori le pagano un corso di recitazione, la vogliono fuori dalla pornografia, così per un po’ si dedica a quello, compare in qualche film come Borotalco con Verdone e Ginger e Fred di Federico Fellini.
Moana però non può fuggire dalla sua vocazione: «a me piace l’oscenità; mi annoia invece la volgarità, che è cattivo gusto e basta. L’osceno è il sublime». Torna nel mondo del porno con Riccardo Schicchi, l’agente di Ilona Staller e qui inizia la sua vera carriera. Gira tantissimi film e mette in scena il primo e unico live show porno: Curve deliziose: «nel mio show mi spogliavo e facevo al pubblico domande sul sesso: “Come ti piace far l’amore? Quali sono i tuoi sogni erotici? Cosa mi faresti?”. Ma il pezzo forte era quando mi sedevo su una poltroncina di raso bianco, allargavo le gambe e mi masturbavo, poi saliva qualcuno dal palcoscenico, si inginocchiava e mi leccava mentre la gente urlava e applaudiva. Prima della fine scendevo in platea e salutavo il pubblico facendomi accarezzare dappertutto». Nonostante sia lei che Ilona Staller (anch’essa nello show) vengono condannate a 7 mesi senza condizionale per atti osceni in luogo pubblico, lo spettacolo ha un enorme successo di pubblico: «Io sono felice di fare felice questa gente, sia pure per pochi secondi. Io di più non posso fare. Mica posso andare a letto con tutti».
Tutti la volevano e la desideravano; Antonio Ricci la chiama per il suo nuovo programma Matrjoska di cui viene registrata una sola puntata con Moana nuda che indossa solo tacchi e orecchini: neanche a dirlo verrà sospesa subito dopo ma scoppia il caso e a Moana spettano tutte le copertine dei giornali e le ospitate nei programmi; diventa un fenomeno mediatico enorme, persino le donne la amano. Nel suo libro La filosofia di Moana, parla delle sue avventure sessuali con vari vip con tanto di voto. Tra i tanti: Troisi, Benigni, Tardelli, Pietrangeli e un misterioso potente politico del quale non viene fatto il nome, ma che tutti riconoscono da subito come Bettino Craxi.
Sul “segretario del partito di sinistra” dirà: «non facemmo l’amore come avrei voluto ma si masturbò accarezzandomi. Poi mi disse che aveva troppi pensieri per riuscire a concentrarsi».
Nel '92 si candida insieme a Ilona nel partito dell’amore; questo per lei è il periodo di maggiore successo: il suo business è calcolato sui cinquanta miliardi, vanta circa 200 amanti, si compra un’attico da due miliardi di lire a Roma, possiede dodici poltroncine d’argento massiccio profilate d’oro e un maggiordomo di nome Amor. È venerata e adorata come una santa, una madonna di un culto tutto suo, tiene sempre un rosario rosa nella borsetta e alla domanda chi sia stata la persona più importante della sua vita, risponde: «un prete».
Come tutte le icone, le sante, le eroine, muore all’apice della sua realizzazione; nell’ospedale Hotel de Dieu di Lione il 15 settembre 1994 per un cancro al fegato. Non ci sarà cadavere, né funerale né certificato di morte, tutte circostanze che alimenteranno negli anni dicerie, misteri e congetture al limite della fantascienza. Nessuno sa cosa ci sia di vero e cosa no, magari Moana è davvero viva in qualche paese della Polinesia o magari se n’è semplicemente andata quel triste giorno del 94 a soli 33 anni, di sicuro il suo culto è vivo ed eterno come desiderava lei: «vorrei essere eterna, sarebbe una cosa meravigliosa».