Marc Marquez è tornato in MotoGP dopo 265 giorni di assenza. Un rientro affrettato per il quale ha dovuto firmare una liberatoria ai suoi medici, che lo avrebbero voluto fermo almeno fino a Jerez. Ma se il braccio non era ancora guarito, a farlo partire per il Portogallo è stata la smania del pilota. Perché dalla voglia di vincere uno come Marc Marquez non guarirà mai.
Così l’otto volte campione del mondo è tornato con la fatica sul volto, la stessa di uno che ha scalato il proprio Everest a mani nude ed ora riprende fiato. Il tempo di un attimo però, perché c’era ancora da combattere con le proprie paure: su tutte quella di non tornare il pilota di prima, magari di non tornare affatto.
In pista, in quel lungo weekend a Portimaõ, Marc Marquez si è violentato. Ha chiuso il gas pur di finire la gara, correndo prima di tutto contro l’istinto che gli diceva di essere sé stesso: piegare di più, forzare l’entrata in curva, rischiare la caduta. Nel weekend in cui tutti i piloti Honda sono finiti a terra, lui è rimasto in piedi.
Marquez sorride sempre e, da sempre, viene naturale paragonarlo a The Mask con Jim Carrey. Un supereroe alterato che non fa trasparire emozioni e sentimenti, ma che si limita a sorridere e a distruggere tutto quello che incontra. Ha sempre avuto motivo di sorridere, forse perché ha sempre vinto. Questo finché non è arrivata la caduta. E poi la riabilitazione, l’errore dei medici, il mondiale visto dal divano di casa.
Il sorriso l’ha ritrovato soltanto dopo la gara, con quel “sono felice” uscito in un pianto liberatorio. Il 2015 per me l’ha segnato per sempre, perché chi è cresciuto con il mito di Valentino Rossi non può dimenticare né perdonare. Ma quando vedi le immagini, il pianto durante l’intervista e la commozione, ti viene voglia di essere felice per lui. Perché Marc Marquez oggi è uno che lotta per tornare alla propria normalità. Una cosa che, seppur in maniera diversa, in questo folle periodo stiamo facendo tutti.
Vederlo così, battuto ma vincente, l’ha reso più vero e più forte. È come se fosse sceso sulla terra un po’ più umano. Lui che ha impostato la propria carriera sulle cadute, quelle fatte per trovare il limite e battere la fisica, ha imparato che la parte più importante è un’altra: rialzarsi. Una, dieci, cento volte. Rialzarsi e tornare.
Benvenuto sulla terra, Marc.