Ha davvero rischiato di giocarsi la carriera. Lo abbiamo pensato tutti, ma nessuno l’ha detto mai veramente e tutti si sono ben guardati dal non utilizzare il condizionale. Così lo ha fatto lui: Marc Marquez. Nella recente intervista ad AS, infatti, l’otto volte campione del mondo è stato esplicito e non c’ha girato affatto intorno: “Con l’infortunio di Jerez poteva finire tutto, avrei maledetto quella caduta per il resto dei miei giorni e non mi sarei mai perdonato perché correre in moto è la mia vita”. In questa frase, più che nelle lacrime viste nel box di Portimao, c’è la consapevolezza, cruda e reale, che rivedere Marc Marquez tra i cordoli è stato un mezzo miracolo. Non solo non era scontato, ma era più che difficile. Perché l’infortunio è stato serio e, probabilmente, anche perché quello che abbiamo saputo non corrisponde con tutto quello che realmente è successo. Ma è passato e va bene così.
Perché adesso il 93 è rientrato, a quanto pare anche oltre le aspettative, grazie alla medicina, alla scienza, ma anche ad una forza di volontà che non si è placata davanti alla consapevolezza che ci sarebbe stato da soffrire e che, dopo otto titoli mondiali, avrebbe anche potuto non valerne la pena. “Il momento perfetto per ritirarsi è quando un pilota lo vuole, non quando un infortunio lo costringe a smettere - ha poi detto Marc Marquez a Marca - Ma ora sono felice di essere di nuovo in sella. Sono felice”. Lo ripete. Come una ulteriore conferma, quindi, che le possibilità di non tornare erano tante, forse più alte di quelle che, almeno dopo il secondo intervento, potevano essere quelle di rivederlo in mezzo alla mischia.
C’è tornato a Portimao e non intende, ora, commettere gli errori del passato. Una maggiore maturità che secondo alcuni potrebbe tradursi in qualche decimo in meno nel polso destro, ma sarà la pista adesso a dire se e chi avrà avuto ragione. Di sicuro per Marc Marquez non è il momento di forzare e di questo l’otto volte campione del mondo sembra esserne perfettamente consapevole. Anche perché i medici con lui sono stati categorici: “in moto solo per correre”. Niente allenamenti in sella, quindi, niente dodici pollici, niente fuoristrada leggero e meno che mai il flat track, che invece costituiva fino all’anno scorso il principale allenamento di Marc. “Sono un pilota a cui piace allenarsi in casa – ha detto ancora a Marca - e soprattutto molto con la moto, perché è così che miglioro. Per essere bravo a correre, devi allenarti in moto, ma al momento non posso farlo. Stiamo solo andando a vivere una gara dopo l'altra. Cercherò di mantenere la mia forma. I medici mi hanno consigliato di aumentare gradualmente il carico sul braccio”.
Andare forte, dunque, ma andandoci piano. Quasi in un paradosso che stride con il carattere di un pilota che potrà piacere o non piacere, ma che di sicuro ha ostinatamente cercato e sfidato il limite ogni volta che è salito in sella ad una moto. Pagandone le conseguenze in maniera quasi irreversibile: “Ancora per qualche tempo – ha concluso – dovrò lavorare sul mio corpo, badando bene a non stressarlo. Spingerò di più, ma per ora solo in sala pesi. In moto, invece, vedremo quando potrò tornarci anche per gli allenamenti quotidiani e non solo per le gare della MotoGP”.