Daniele Barbero se n’è andato a 49 anni a causa di una terribile malattia con cui combatteva da tempo. Era un appassionato di moto, e quando la vita lo ha messo alla prova con la disabilità, è diventato un pilota. Facile da scrivere, quasi impossibile da realizzare. Barbero, che viveva con la famiglia in Liguria, aveva perso la gamba destra in un brutto incidente nel 1999, ma grazie alla Di.Di. Diversamente Disabili era riuscito a dare un senso alle sue giornate dopo l'incidente. Abbiamo voluto ricordarlo assieme ad Emiliano Malagoli, fondatore dell’associazione in cui Daniele ha messo anima e cuore per tanti anni.
Ciao Emiliano, volevamo chiederti di raccontare Daniele. Questo perché forse è anche grazie a te se ha ritrovato la voglia di vivere in un periodo buio.
“Certo, mi fa molto piacere parlare di lui, era come un fratello per me. Ancora oggi mi ricordo quando mi telefonò tanti anni fa. Aveva visto un mio video e mi chiese se sarebbe stato davvero possibile correre senza una gamba. Gli dissi di venire a trovarci al Mugello la settimana dopo e lui non se l’è fatto ripetere. Due settimane dopo si era comprato la moto e quell’anno ha cominciato a correre con noi. Di.Di. è un grande famiglia, e lui era il fratello maggiore di tutti. Aveva sempre un consiglio per tutti, col sorriso in faccia, spesso riusciva ad evitare situazioni che potevano creare disguidi fra i piloti. Era il primo a rendersi disponibile se c’erano da fare delle iniziative coi bambini negli ospedali, negli eventi di Mototerapia. E come in ogni famiglia ci confrontavamo su tutto, nel bene e nel male. Lui era veramente fondamentale per noi. Se il movimento è cresciuto così tanto in questi anni in gran parte è merito suo. Si è sempre impegnato per andare nelle piazze d’Italia e nelle scuole, per far conoscere quello che facevamo e ciò che poteva succedere dietro ad un incidente stradale. Portava anche tanta consapevolezza nella testa dei ragazzi. Per molti era visto come un idolo, una persona da imitare. In questo modo ha portato tantissime persone ad avvicinarsi alle nostre attività e al nostro sport”.
Come viveva la moto?
“Era tutta la sua vita. Ad esempio a differenza mia usava la moto anche per andare a lavoro, aveva superato anche quella paura. Poi sai, era una persona felice, trasmetteva la sua gioia a tutti, anche nei momenti difficili. Ed era un grande pilota. Per anni è stato un punto di riferimento per tutti i ragazzi disabili e ad oggi rimane l’unico ad essersi iscritto alla 24 Ore di Le Mans. Ci lascia un vuoto incredibile, ma anche una grande motivazione a portare avanti quello che stiamo facendo. Quello che dicevi all’inizio è vero: le corse e la moto gli hanno salvato la vita. Quando ha scoperto noi non era in una situazione facile, ma ha ritrovato la forza mettendosi con tutto sé stesso in questa cosa. E ci lascia la motivazione per continuare, anche in suo nome. In futuro vorrei che ci fosse un premio o un riconoscimento in suo onore alle nostre gare. Lo saluto col cuore, anche se devo ancora realizzare a pieno questa cosa".
Di sé stesso invece, Daniele diceva così: "Il mio pensiero è che in moto sono libero dalla mia disabilità, questo mi dà forza per vivere e penso che tutti i nostri ragazzi vivano l’esplosione della vita dentro. Essere padrone di se stesso dà obiettivi e forza, questo è trasmissibile". Ed è vero. A noi, anche in un giorno come questo, ha insegnato tanto.
Ciao Daniele.