Valentino Rossi, invitato da Dainese a parlare (anche) di sicurezza, parte raccontando il concetto di paura per i piloti. Quella sensazione che ognuno di loro, dalla domenica mattina a quando si spegne il semaforo, si porta nello stomaco per tutta la propria carriera. Tutto si riassume in una frase così bella da finire ad intasare i social, magari stampata sulla faccia di Jim Morrison: il coraggio non è non avere paura, ma averla e andare avanti lo stesso. “Per noi, che facciamo uno sport pericoloso - spiega Valentino - la paura è molto importante. Poi c’è qualcuno che fraintende il termine paura perché averla sembra un disonore. Invece la paura è fondamentale per capire il limite. I più bravi sono quelli che riescono ad arrivare al limite, o molto vicino, senza passare dall’altra parte. La paura è molto importante nelle corse di moto, se vai sempre senza paura non va bene. Hai dei jolly da giocarti, ci sono dei momenti in cui sei così in forma che puoi rischiare, ma se cominci a correre sempre in questo è matematico che prima o poi vada a finire male”.
Valentino non lo dice, ma sembra parlare (tra gli altri) anche di Marc Marquez, uno che sulle cadute ha costruito una carriera stellare. Cosa che va fatta, senza però approfittare della fortuna: “Per arrivare ad un certo livello cadi, sbagli. Io parlo della mia esperienza, tutte le volte che non mi sono messo una protezione mi sono sempre fatto male. Sempre! Quando ti fai male il tuo corpo non ritorna più come prima, cambia sempre. Dopo un po’ lo capisci. Io l’ho imparato sulla mia pelle”.
Poi ricorda, senza ipocrisia, quando le cose andavano diversamente: “Quando avevo 15 anni - erano altri tempi, quasi trent’anni fa - ero già appassionato di corse e mi ricordo che, anche se il casco era già obbligatorio, se lo mettevi eri un po’ uno sfigato. Si metteva il cappello, la papalina figa col pompon, ma è molto importante stare attenti quando vai in giro per strada e avere sempre le protezioni. In pista fa veramente la differenza perché è pericoloso davvero, non si parla di una ferita. Le protezioni bisogna sempre metterle e questo secondo me è un messaggio importante per i ragazzi”.
I ragazzi che, secondo lui, devono avere principalmente due qualità per riuscire bene nello sport, passione e talento: “Sono le cose che fanno la differenza. Cosa vuol dire osare? Beh, nel nostri sport devi farlo al momento giusto. Lo sport fa benissimo ai bambini a qualunque livello, ti fa stare meglio fisicamente e ti insegna a vivere. Se poi vuoi arrivare al top ci vuole una grandissima passione, devi amare veramente quello che fai. Devi rinunciare a tante cose, trovare veramente quello che ti piace, poi secondo me uno dovrebbe anche riuscire a capire se ha del talento. Comunque bisogna fare dei sacrifici, ti deve piacere: quelli che arrivano ad un certo livello ci arrivano perché gli piace. A LeBron piace giocare a basket, Messi gode a giocare a calcio. E così funziona. È come uno a cui piace il suo lavoro: si sveglia la mattina e magari si deve fare il culo, però gli dà gusto rispetto ad uno che fa le cose per forza e si innervosisce, non si diverte e non rende più”.
Rossi racconta, infine, di come la tecnologia e la protezione dei piloti sia radicalmente cambiata durante la sua carriera: “Da quando ho iniziato 25 anni fa c’è stata una grande evoluzione su tute, stivali, guanti… Prima quando cadevi ti facevi sempre male. Ora siamo arrivati a un punto in cui, se fai una scivolata, molto probabilmente non ti fai nulla. L’airbag è stato un bello step, se dovessi guidare la MotoGP senza ora mi sentirei male. Con le nuove tecnologie e con il tempo si riuscirà a proteggere il pilota dopo che è caduto, ed è bello vedere dove siamo arrivati, quando sali dà più gusto”.