Frasi brevi, la punteggiatura della determinazione. Un sorriso che scappa dagli angoli della bocca, quello di sempre. Quello che fa assomigliare il Fernando Alonso di oggi, quarantenne in prima fila nel Gran Premio del Canada, al Fernando Alonso di allora. Lo stesso modo di sorridere, di parlare, di sfidare gli altri anche quando non serve più farlo.
Guarda Jacques Villeneuve e alza le spalle: "Domani? Credo che attaccherò Max alla prima curva". Perché non basta, non basta niente. Neanche la storica prima fila in Alpine, neanche la gioia di aver fatto un miracolo in Canada, neanche l'urlo di una folla che lo acclama re, vincitore, dimenticandosi del pole man, Max Verstappen, o del terzo posto di Carlos Sainz.
L'arena è di Fernando Alonso, vecchio leone che non ha mai abbandonato la competizione. E niente è sufficiente quando vivi alla velocità di uno come lui, uno che quando gli altri esultano, analizzano e lodano pensa già al passo successivo. Il segreto di un pilota che non è pronto a lasciare perché convinto di poter ancora spremere un talento e un fuoco troppo spesso bagnati da una sfortuna battente, unico capo saldo della sua carriera.
L'arena è sua e lui sorride guardando avanti: alla gara, alla vittoria, ad attaccare il pilota considerato più talentuoso nella Formula 1 di oggi - Max Verstappen - per dimostrare che anche lui è fatto, ancora e sempre, di quella pasta lì. La pasta di chi alla prima curva il piede non lo alza, di chi non si accontenta di un sogno del sabato, di un applauso e una soddisfazione.
È lo stesso sorriso beffardo di quando dice "me ne andrò dalla Formula 1 quando troverò un pilota più talentuoso di me". Lo stesso sorriso di quando per sfregio e sfida mangiò una pesca matura davanti a Ron Dennis, da sempre ossessivo compulsivo, nel pieno del periodo più nero della gestione piloti con Hamilton in McLaren, rischiando di fargli venire una crisi isterica dalla rabbia e la disperazione.
È lo stesso ghigno di chi non ha mai avuto paura di smettere, tornare, andare altrove - da Le Mans alla Dakar - e vincere, buttarsi, rimettersi sempre in gioco. Niente è sufficiente, niente basta, quando dentro hai quella cosa lì. Quando a muoverti non sono gli sponsor, gli applausi, i bei risultati da incorniciare.
Ma quando sei tu, ad alimentare il tuo fuoco. Che potresti essere padre di quei ragazzini con tutto da dimostrare, che potresti essere felice della tua prima fila in Canada, felice e basta. Ma sei tu, il tuo fuoco. E resti il leone dell'arena, quello a cui non basta niente.