La Dakar è sempre dura, ma c’è chi si chiede se l’edizione 2023 sia da considerarsi quella più dura (o almeno tra le più dure) in assoluto. In ogni caso è stata probabilmente la più umida, anzi la più bagnata o addirittura zuppa.
Pure il penultimo bivacco in Arabia Saudita, Al-Hofuf, è stato colpito dalla pioggia, con le nuvole che hanno accolto la carovana trasformando in qualcosa di molto diverso dal tipico scenario desertico quella smisurata spianata di terra, polvere e fesh fesh. E non è stato l’unico fattore.
Come racconta l’inviata Maria Guidotti, “l’acqua sparata dalle autobotti per evitare la polvere del fesh fesh si è trasformata nel primo pantano al passaggio costante dei mezzi di assistenza, prima, e di gara, poi. Ma verso l’ora di pranzo, è iniziata una pioggia torrenziale”. E da allora – si legge nel reportage di Motorsport.com – a intermittenza sono continuati i rovesci, con una situazione quasi monsonica che ha causato non pochi problemi ai circa tremila componenti della carovana della Dakar, una sorta di villaggio itinerante.
Una Dakar, quella del 2023, che secondo chi l’ha vissuta in prima persona ha avuto il sole come presenza saltuaria e straordinaria, anziché come punto fermo, con piloti e staff al seguito chiamati a proteggersi dal freddo e dalle precipitazioni e a fare i conti con il fango con tanto di stivali. Un’edizione che quanto a tasso di umidità richiama e anzi forse supera alcune di quelle sudamericane.