Assen non è il Sachsenring, questo Marc Marquez lo aveva già detto dopo la vittoria in Germania. Ma la sensazione è che il settimo posto di oggi (che per molti altri sarebbe un traguardo da festeggiare) sia in realtà, per lo spagnolo, da imputare principalmente alla sfortuna. È andata bene, ma poteva andare meglio. Perché Marc Ha sbagliato in qualifica, è partito dal ventesimo posto in griglia ed ha chiuso settimo. Il tutto mettendo un punto fermo sulle gerarchie del paddock, restituendo un sorpasso ad Aleix Espargarò che poco prima l’aveva infilato senza tanti complimenti. La gara in Olanda è stata meno vistosa di quella del Sachsenring ma, in fin dei conti, altrettanto indicativa. Anzi, probabilmente - al netto del risultato - è stata un passo in avanti ancora più importante per Marquez. Stavolta non c'era la pista amica, quella in cui ha sempre dominato, e nemmeno un tracciato tortuoso adatto alla Honda. Oltretutto è mancata la pioggia che in Germania, per un paio di giri, era stata determinante. Basta dare un'occhiata ai tempi però per capire che il potenziale di Marc era altissimo: il miglior giro è in 1'33.172 (al 14° passaggio) mentre Maverick Vinales ha fatto segnare un 1'33.045 (18° giro) e Fabio Quartararo un 1'32.869 (8° giro). Ecco perché viene da chiedersi cosa sarebbe successo se Marquez non avesse dovuto recuperare 13 posizioni. Cosa che, comunque, ha fatto. Come il fuoriclasse di sempre, lontanissimo da problemi del rientro.
L’otto volte campione del mondo ha recuperato 13 posizioni su di un circuito difficile ed impegnativo per il fisico, un circuito che oltre a girare a destra richiede grande rapidità nei cambi di direzione. Guidava sciolto Marc, un sorpasso dietro l’altro. E continua a cadere (in prova) puntando a quel limite che spesso gli altri non hanno il coraggio di avvicinare.
Lo spagnolo, tutto sommato, sarà ancora l’uomo da battere. Anzi, pare quasi che stia un po’ giocando al ribasso con i rivali e la stampa, dipingendo delle difficoltà che, nel momento del bisogno, riesce sempre a superare.
Il sorpasso ad Espargarò ne è la prova. Quello è entrato come se avesse a che fare con un Marquez ferito, lo ha sportellato all’ingresso dell’ultima variante e si è messo davanti con una certa autorevolezza. Marc ha capito che lì, in quel momento, doveva dare un segnale. Altrimenti lo avrebbero fatto tutti, sarebbe passato da predatore a preda. Ed è una cosa che lui, in attesa di tornare a lottare per il campionato, non può permettersi.
Ora con più di un mese di pausa porterà avanti il recupero, per poi arrivare alla seconda metà di stagione con un solo obiettivo: spiegare a Fabio Quartararo che Marc Marquez è ancora l’uomo da battere.