È domenica e mi batte il cuore come quello di una ragazzina innamorata. Ma chi prendo in giro: io sono una ragazzina innamorata. È domenica e la domenica è il giorno della Formula 1. Era il giorno di Dio prima che il motorsport se lo comprasse con le pubblicità delle sigarette e la puzza di gomme bruciate.
Mi sono sempre piaciuti i fine settimana con la Formula 1, anche quando ancora non ero appassionata. A casa mia l’aria si riempiva di elettricità, il salotto di gente, la casa di baccano. E poi di solito la Formula 1 inizia il weekend del mio compleanno, la terza di marzo, insieme alla primavera. Quest’anno però niente di niente. Nessuna primavera, nessuna Formula 1, nessuno che mi dice di puntare la sveglia alle 6:30 “che altrimenti ci perdiamo la partenza”. Eh perché mica si può cominciare con le cose facili, magari con una gara tranquilla dopo pranzo, con la pancia piena. Primo Gran Premio dell’anno? Melbourne: dall’altra parte del mondo. Una stanchezza micidiale che combatte contro il solito cuore a forma di martello pneumatico.
L’Australia ci ha provato a tenere testa alla pandemia, con tutti i piloti pronti a scendere in pista e una confusione generale che ha presto lasciato spazio alla rassegnazione. Niente Melbourne, niente sveglia presto, niente di niente. Non ci siamo resi conto di quanto l’adrenalina di questa passione contasse per noi finché non ce l’hanno tolta. Ma poi, quando ci stavamo quasi abituando all’assenza di quelle due ore cruciali intorno a cui giravano le nostre domeniche: beh, lei è tornata.
Ed è arrivata con il caldo appiccicoso di luglio che di solito preannuncia l’arrivo della lunga pausa estiva. È tornata di domenica, nel suo giorno, a riprendersi quello che per un po’ ci avevano tolto.
Melbourne non ci sarà, si riparte dell’Austria. Red Bull Ring, gran bel circuito per cominciare. Ma dopo quasi un anno di astinenza da motorsport in realtà sarebbe andata bene anche la gara di kart alla sagra di Rozzano. Per mesi ci siamo accontentati delle gare virtuali. Ricordatevelo quando vi lamenterete per la mancanza di sorpassi in un Gp sottotono: per settimane e settimane abbiamo deciso che guardare i piloti giocare ai videogiochi sarebbe stato divertente.
E poi per sopravvivere ci siamo attaccati a tutto quello che succedeva fuori dal paddock e di cose, bisogna dirlo, ne sono successe parecchie. Vettel ha chiuso con Ferrari, al suo posto arriverà l’erede di Carlos Sainz. A Maranello perdono il loro più grande tifoso perché forse mettere troppo cuore nelle cose poi non ti fa avere abbastanza testa. Sarà una stagione da separati in casa e gli ordini di scuderia si preannunciano ingestibili, disastrosi, in perfetto stile Ferrari. Leclerc nel frattempo ha fatto il volontario, lo streamer, l’attore, il modello. Hamilton ha deciso di salvare il mondo dal razzismo e le frecce d’argento non sono più argento. La Williams sembra sull’orlo del fallimento e la McLaren si è presa Ricciardo per il 2021. Si correrà tanto in Europa e poco fuori, tutto a porte chiuse, tutto strano. Ci sarà il Mugello (forse) e non ci sarà Monte Carlo.
Ma poi alla fine i semafori sopra il rettilineo del via saranno sempre uguali: lentissimi, eterni, e poi tutti spenti in un attimo. E sono quelli a segnare la ripartenza, sono loro a dirci che le cose non sono poi così cambiare. A me anche quest’anno verrà da chiudere gli occhi, come i bambini quando non vogliono che qualcosa succeda, ma poi come sempre li terrò aperti, spalancati, a godermi il caos della partenza e i disastri di questi ragazzi che se ne tornano in pista a fare il lavoro più bello del mondo.
Perché noi pensiamo alla figata di rimetterci sul divano ma ai piloti, in questi mesi, hanno tolto la quotidianità di una vita che di quotidiano ha sempre avuto veramente poco. E mai avremmo pensato che il Gran Premio di Abu Dhabi dello scorso dicembre, l’ultimo della stagione, potesse segnare la fine di una routine che per anni ha dettato i tempi della nostra passione. I test di febbraio, l’inizio della stagione, la pausa estiva e poi il secondo round che si trascina fino alla fine dell’anno. Una normalità che con il tempo ha dato ordine alla passione e forse un po’ ci ha fatto dimenticare che cosa significasse essere dei bambini, seduti in salotto, nel pieno del baccano della partenza.
E non importa se anche quest’anno vinceranno sempre gli stessi, se qualcuno si addormenterà su quel divano che per mesi è rimasto vuoto, se sentirò dire “ma il motorsport non è più quello di una volta”. Oggi mi importa solo una cosa: è domenica, il giorno del motorsport, e tutto è finalmente tornato al suo posto.