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Caro Aldo Grasso, Miami sarà anche finta ma questa Formula 1 è più vera che mai

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

10 maggio 2022

Caro Aldo Grasso, Miami sarà anche finta ma questa Formula 1 è più vera che mai
A Miami abbiamo criticato il trash degli yacht senz'acqua, la presenza eccessiva di vips non richiesti e, perché no, anche la noia di una gara che si è rivelata inaspettatamente poco movimentata. Ma questa Formula 1, al contrario di quanto sostiene il giornalista Aldo Grasso, è tutt'altro che finzione e scenografia. E la lotta mondiale tra Leclerc e Verstappen la rende più vera che mai

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Da sempre terra di compromessi, la Formula 1 vive di emozioni forti, di adrenalina e spettacolo, ma sopravvive solo grazie alle entrate di un carrozzone gigantesco, quasi impossibile da manovrare. Dopo anni complicati, di poca emozione in pista e difficoltà di gestione fuori, Liberty Media ha finalmente trovato il giusto compromesso tra esigenze economiche e divertimento. 

I tifosi sono sempre più giovani e appassionati, la nuova generazione di piloti regala linfa vitale allo sport, permettendo alle vecchie guardie di lasciare il circus senza il rischio di incorrere nel disastro Valentino Rossi-MotoGP e l'ingresso di Stefano Domenicali nel ruolo di CEO ha dato una nuova spinta a questo cambiamento necessario. 

Le conoscenze, la passione e la tradizione da una parte, lo show e la ricerca di un ingresso economico dall'altra. Senza l'ipocrisia di cercare di nascondere la necessità di mantenere una macchine enorme come quella della Formula 1. Sembra essere questa la chiave di volta per la rinascita di uno sport che, fino a pochi anni fa, in molti davano per spacciato. 

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Non ci piacciono le gare a Jeddah, in Arabia Saudita? Ok, ma l'Arabia Saudita paga 90 milioni di euro per avere il circus nel proprio paese e se la Formula 1 vuole continuare a correre a Imola, a Silverstone o a Spa, i luoghi iconici della storia della categoria, allora deve anche accettare che le entrare arrivino da lì. 

Non ci piace la Formula 1 "americana"? Quella dello show a tutti i costi, del trash e del baccano? Ok, ma l'interesse oltreoceano che i giovanissimi stanno dimostrando nei confronti del campionato, da sempre quasi esclusivamente europeo, è una benedizione per il futuro di questo sport. 

Mi perdonerà quindi Aldo Grasso, giornalista e critico del Corriere della Sera, se non sono d'accordo con la sua analisi del Gran Premio di Miami "sospeso tra finzione e realtà". Perché è vero, il trash della Florida tra sirene e acqua finta, polizia che scorta i piloti sul podio e vips in ogni angolo, non è il tipo di spettacolo che siamo abituati a vedere nel paddock, non ci piace e probabilmente non ci piacerà mai. Ma è un compromesso che possiamo accettare per avere una Formula 1 così. 

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Il critico definisce l'autodromo simile a "uno spot turistico", rimpiangendo i pochi incidenti visti nel weekend e l'entrata in scena della safety car una sola volta (perché, dice, "quando non ci sono incidenti la gara è più noiosa"). 

Ma diciamo la verità: a Imola, invece, ci siamo divertiti? La nostra amata, divertentissima e incredibile Imola, ci ha regalato emozioni indimenticabili? La verità è che, se lo spettacolo in pista lo consente, ogni tracciato - anche il più noioso - diventa teatro del miglior show. L'esempio per eccellenza viene dall'ultima gara della scorsa stagione, disputata nel terrificante circuito di Abu Dhabi che, nonostante tutto, ha regalato ai fans il finale di stagione più incredibile della storia recente della Formula 1. 

Il problema quindi non è il tracciato di Miami in sé, una pista molto fisica che i piloti hanno apprezzato, diversamente rispetto a quanto siamo abituati a sentire in relazione ai circuiti inseriti nel calendario recentemente, ma il vero problema è la nostra resistenza al cambiamento. 

La Formula 1 ci piace così come l'abbiamo sempre vista: europea, benestante, elitaria. Pochi vips nel paddock, poco spettacolo, tanta sostanza. Più Montecarlo e meno Miami. Ma adesso che è di tutti, questo sport, ha il diritto di cambiare forma in ogni parte del mondo. Di diventare rumoroso e ballerino in Sud America, tra la passione dei fans brasiliani e il divertimento dei messicani, ha il diritto di restare quello che è in Italia, in Inghilterra e in giro per l'Europa, ma deve avere anche la possibilità di piacere a chi, dall'altra parte del mondo, è abituato a un diverso concetto di spettacolo. 

E noi, da questa parte dell'Oceano, non siamo davvero capaci di accettare il più piccolo dei compromessi? Dare a loro, a Miami, l'acqua finta e la polizia in moto, per continuare ad avere qui, tra Montecarlo e Monza, quello che abbiamo sempre sognato? Una Formula 1 più divertente, combattuta e viva che mai? 

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