La morte fa sempre rumore e alla morte c’è sempre chi si accoda, magari per beneficiare di un po’ di quel clamore. È quello che viene da pensare leggendo le parole del senatore UDC, Antonio Saccone, che ieri ha proposto una interrogazione al sottosegretario allo sport, Valentina Vezzali, per chiedere che istituzioni e Federazione Motociclistica intervengano pesantemente sulle regole del motorsport. Ovviamente l’attenzione del parlamentare s’è destata dopo la morte di Dean Berta Vinales che, per carità, ci ha colpiti tutti e ci ha sconvolti, ma che di sicuro non serviva per porre l’accento su un problema che c’è, ma che non è così strettamente collegato alla morte. Perché un conto è pretendere che ci siano regole più chiare e che i giovanissimi non diventino gladiatori da mandare al macello e un altro è pensare di eliminare il rischio dal motorsport.
“Dopo l’ultima tragedia che si è consumata nella Superbike in Spagna – si legge nel lancio di agenzia che riporta le parole del senatore - dove ha perso la vita un ragazzo addirittura minorenne, Dean Berta Vinales, e dopo la morte di un altro giovane in Italia all’autodromo del Mugello nel Mondiale Moto3, è necessaria una presa di coscienza collettiva e un’assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni. Quanti altri giovani e minorenni dovranno ancora perdere la vita prima che intervengano la Federazione e il governo?”.
Caro senatore, se lei avesse avuto davvero a cuore il motociclismo, probabilmente la domanda sarebbe stata un’altra. E l’avrebbe posta non all’indomani di una tragedia, ma molto prima e senza sangue versato, facendo anche una migliore figura e riuscendo, magari, anche a entrare nel cuore di chi il motorsport lo ama veramente. La domanda da fare, e da farsi, è semplice: quanti altri giovani e minorenni dovranno essere sfruttati inseguendo il sogno che poi, in realtà, raggiungono in pochi? Perché il problema, purtroppo, non è che nel motorsport si muore (visto che al destino non ci si può opporre), ma come si campa. Lo sa il senatore che molti di quei ragazzini per correre pagano cifre astronomiche, con famiglie indebitate fino all’osso e che dentro al casco si portano anche la responsabilità di un mare di sacrifici? Lo sa il senatore che c’è tutto un mondo, dietro il motorsport, che lucra in maniera indecente sui sogni dei bambini e sull’esagitazione di qualche padre? Lo sa il senatore che c’è gente che va in pista con gli airbag disattivati perché comprarne di nuovi ogni volta costerebbe troppo?
Sono queste le domande da fare alle istituzioni, eventualmente pure alla federazione. Perché altrimenti “la pretesa di scongiurare la morte” è solo un sacco, anzi, un saccone di boiate. C’è chi dice che la colpa di certi incidenti sta nelle moto tutte uguali e performanti alla stessa maniera, ma la verità è che se tornassimo indietro, probabilmente alla prossima tragedia si arriverebbe a sostenere che si muore in pista perché si osa troppo per poter colmare il gap con quelli che hanno materiale tecnico migliore. Non c’è una soluzione, ci sono solo accorgimenti e, purtroppo, la conta sarà sempre in negativo. Perché succederà sempre e l’unico obiettivo che possiamo darci, tutti, è fare in modo che succeda sempre di meno. Magari facendo in modo che i ragazzini possano realmente accumulare esperienza con campionati che non costino l’ira di Dio, con scuole diffuse e pistini dove farsi realmente le ossa rimanendo nell’ambito del gioco. E non di un campionato vero con tanto di babbi che comprano pure il motorhome per sentirsi la riproposizione di Graziano e che “l’importante è che paghino”.
“Serve un’iniziativa di forte pressione affinché, almeno in Italia, non si debba più assistere ad altri lutti per gare nazionali e internazionali – ha concluso il senatore Saccone - Ho avuto modo di confrontarmi con il pilota romano Michel Fabrizio, vicecampione del mondo Sbk, che dopo il dramma accaduto in Spagna ha annunciato il ritiro dalle corse, e non posso che concordare con lui sul fatto che questo sport è bellissimo e che vada preservato, in modo che milioni di appassionati possano divertirsi a guardare senza pensare che sia la normalità che qualcuno possa morire. In queste condizioni, la Superbike e altre categorie minori non sono più sport, ma una squallida forma di sfruttamento di giovani vite destinate al sacrificio sull’altare del business. Ora basta”.
Già, senatore, ora basta! Ora basta con il non voler capire che nessuno “accetta la morte”, ma che per allontanarla veramente (per quel che si può) serve promuovere la vita e la vitalità del motorsport. Scacciando prima di tutto i mercanti dal tempio, compresi quelli che strumentalizzano per mera visibilità. Ed è esattamente questo ciò che ha sostenuto anche Michel Fabrizio.