La carriera di Casey Stoner è stata decisamente atipica. Pochi, come lui, sono passati dall’essere la barzelletta del paddock, perché questo è stato per molti, a vincere tutto, farlo in fretta e con una superiorità a tratti imbarazzante. Casey arrivò in MotoGP che non aveva neanche un telefono - glielo regalò Lucio Cecchinello - e se ne andò come una irripetibile leggenda. Livio Suppo racconta ancora che nelle giornate buone usciva in pista senza controllo di trazione, ma non solo: si credeva che la Ducati avesse un controllo anti impennata, invece era lui a fare tutto il lavoro col polso e lo stivale. Stoner non è arrivato alla MotoGP come ha fatto oggi Pedro Acosta, ovvero da fenomeno conclamato, è spuntato in mezzo alla classifica un po’ alla Fabio Quartararo, perché a credere in lui trovò solo un team clienti che oltretutto fece una grossa scommessa dandogli una moto.
Questo periodo lo racconta lo stesso Stoner in una bella intervista a TNT Sports, svelando anche un retroscena piuttosto interessante sul mercato piloti dell’epoca: “Yamaha mi ha chiuso le sue porte per due volte: prima per 2005 e 2006, perché avrei dovuto debuttare col team satellite e l'anno successivo passare in quello ufficiale. Invece niente, mi stavano usando come diversivo per convincere qualcun altro a firmare per meno”, le parole dell’australiano. “Più avanti mi hanno offerto un altro contratto per 2006 e 2007, ma anche in quel caso ad un certo le cose si sono arenate e mi sono ritrovato con il nulla. Eravamo perduti, non avevamo una moto. A quel punto Ducati si è avvicinata a noi”.
Inutile dire che in quegli anni a dettare legge con la Yamaha c’era Valentino Rossi: pensare a come sarebbero andate le cose se Stoner avesse davvero firmato per guidare una M1, trovandosi a dividere il box con il rivale più importante della sua storia è quantomeno suggestivo. Ad ogni modo, Casey racconta anche che il rifiuto di Yamaha lo ha aiutato molto a dare il meglio con la Desmosedici: “A dire la verità Yamaha mi ha dato tanta motivazione: tutto quello che volevo fare, all’inizio dell’anno, era salire qualche volta sul podio e fagli pentire di non avermi scelto”.
Non che le cose in Ducati siano andate molto diversamente. È sempre l’australiano a raccontare che a Borgo Panigale nessuno gli srotolò davanti il tappeto rosso: “Sapevamo di essere solo un sostituto perché hanno provato a prendere Marco Melandri, ma lui è arrivato solo nel 2008, ero un pilota sostitutivo. Non avevano nessuna intenzione di tenermi, possono fingere che tra noi sia stato qualcosa di grande e bello ma io ero letteralmente solo un pilota di rimpiazzo! Sì, ero solo un sostituto per loro e Marco stava arrivando nella squadra italiana dei suoi sogni. Poi però ho vinto il campionato”.