Le immagini dell’incidente che ha avuto per protagonisti Joahnn Zarco e Franco Morbidelli - e che ha rischiato di coinvolgere anche Maverick Vinales e Valentino Rossi - ha inevitabilmente riacceso il dibattito sul tema della sicurezza al RedBull Ring. Già in passato i piloti avevano sollevato dubbi in più di una occasione e Casey Stoner lo aveva fatto addirittura nel 2016, scegliendo Twitter proprio per focalizzare l’attenzione sulla necessità di rendere più sicuro per i piloti il circuito austriaco. Qualcosa è stato fatto, la stessa barriera posizionata sulla destra del rettilineo che precede la curva tre del RedBull Ring ne è un esempio, visto che lì poteva anche essere considerata non necessaria. Invece è proprio lì che sono andate a impattare le moto.
Ma, al di là di questo, c’è un tema più contingente: già venerdì si tornerà a correre su quello stesso asfalto, ma il RedBull Ring è sicuro per le moto? Se lo è chiesto, ieri, anche Giorgio Terruzzi, che dal suo profilo Facebook ha fatto notare come certe piste, soprattutto quelle adatte per la Formula1, rischino di risultare troppo pericolose per la MotoGP: “Credo – scrive Terruzzi - che la questione sia ormai chiara: piste troppo veloci per la MotoGP. Una chicane non guasta lo spettacolo. Una moto non è una F.1 e un pilota di moto è molto più esposto. Sui 320 orari soprattutto. Servono altre dimostazioni?”. Gli ha fatto eco anche Federico Aliverti, di Motociclismo, che ha affidato ad Instagram la sua riflessione: “Facile dirlo dopo, e valla a prevedere una manovra scellerata come quella di Zarco. Ma nel Mondiale credo non esista un solo rettilineo da più di 300 km/h che piega in modo deciso nella direzione opposta rispetto alla curva successiva. Che è a gomito, per giunta. Questo significa che avere un problema tecnico lì (freni?) o un contatto imprevedibile (lo Zarco di turno) ti porta quasi inevitabilmente a puntare dritto a velocità folle sui piloti davanti a te. Si dirà che certe situazioni potrebbero capitare in fondo al rettilineo di Le Mans (pieghi a destra e poi c’è un sinistra) o del Mugello (pieghi a sinistra e poi c’è un destra), senza considerare però che in questi casi le moto incontrano vie di fuga e prendono velocità o traiettorie ben diverse dall’Austria. Ad ogni modo bravissima la Safety Commission che ha previsto l’imprevedibile mettendo delle protezioni aggiuntive. Peccato che col layout che ha, a me sembra che il Red Bull Ring sia destinato a rimanere pericolosissimo. Altro che la new entry Portimao di cui tanto si parla”.
Con che animo i piloti scenderanno in pista venerdì? E basterà una riunione per chiedere ulteriori accorgimenti che favoriscano la loro sicurezza? Ci sono i tempi per intervenire in qualche modo prima del prossimo GP, oppure non si potrà fare nulla? Su tutte queste questioni, l’ex team manager di Ducati e Honda, Livio Suppo, è stato molto chiaro: “Il Red Bull Ring – ci ha detto dopo che lo abbiamo contattato telefonicamente per una intervista - non è il più sicuro dei circuiti, ma quello che è accaduto domenica sia in Moto2 che in MotoGP c’entra poco con la pista. Nel primo caso è stato semplicemente un incidente di gara. Nel secondo, che mi fa tornare i brividi solo a ripensarci perché abbiamo veramente sfiorato il dramma, il circuito sicuramente c’entra molto di più, ma non possiamo considerarlo il primo motivo. Lì, al di là della volontarietà, c’è stata più una manovra che non faccio fatica a definire stupida da parte di Joahnn Zarco: aveva più motore di Morbidelli e lo ha superato in rettilineo, poi ha allargato per coprirsi in staccata, senza rendersi conto che poteva succedere un disastro. Il disastro è successo, ma fortunatamente non il dramma. E’ andata incredibilmente bene, è stato un miracolo, ma in vista di venerdì forse qualche provvedimento andrà preso. Non tanto rivedendo all’ultimo il circuito, perché non è che si possa fare molto, ma convocando i piloti e spiegando ancora una volta che in determinati punti l’attenzione deve essere doppia. E magari a Zarco spiegarlo direttamente un paio di volte, visto che non è la prima volta che si rende protagonista di manovre simili. E’ un pilota molto aggressivo, me lo ricordo anche quando ero ancora in MotoGP: da un lato è un bene, un pregio per un pilota, ma dall’altro deve capire che non si può sempre e non si può ovunque”.