E’ senza dubbio il giornalista che più di altri è coinvolto emotivamente nelle corse. Perché aveva una amicizia speciale con Marco Simoncelli, perché è molto legato al dottor Costa e alle storie di quei piloti che hanno dovuto fare i conti con incidenti terribili. E, quindi, ci è sembrato giusto disturbare proprio Paolo Beltramo per una chiacchierata a 24 ore di distanza dal Gran Premio d’Austria di MotoGP. Un gran premio che probabilmente passerà alla storia e non dimenticheremo…
È bellissimo quello che è successo ieri – ci ha detto mentre armeggiava col carrello nel parcheggio di un supermercato - Sono strafelice. Perché più rivedo le immagini e più prendo coscienza che non abbiamo dovuto raccontare una tragedia solo perché il destino aveva deciso che non era il momento, solo perché ha lasciato vincere, per dirla alla dottor Costa, il dio del motociclismo. Lo ha lasciato vincere due volte, sia quando non è successo quello che poteva succedere, sia quando i piloti sono risaliti in sella per la seconda gara. Sono piloti, hanno un animo e un’anima differente e la forza di ripartire che hanno dimostrato ieri Valentino e Vinales perché direttamente coinvolti, ma anche tutti gli altri, non è umana. Saranno pure professionisti, ma se risali in moto per una gara di MotoGp dopo quella roba lì il lavoro non c’entra niente: c’entrano solo il coraggio misto alla follia e la passione mista a due maroni pazzeschi.
Qualcuno, tra cui Carlo Pernat, ha ipotizzato che ieri Valentino Rossi può aver valutato più che mai l’ipotesi di chiudere con le corse in moto…
Ho pensato di smettere con le corse pure io che non faccio le corse, figuriamoci Valentino Rossi. Non tanto sul momento, ma dopo, quando s’è trovato a rivedere decine di replay da sei o sette angolazioni diverse. Ieri nel vedere quelle immagini è stato sfiorato dall’idea di non salire più su una moto anche il classico motociclista da divano che stava davanti alla tv a guardare il Gran Premio. In questa chiave credo sia stata molto importante la ripartenza. Se la gara fosse stata fermata e rinviata, in effetti, non so se la decisione di risalire in moto sarebbe stata presa senza troppa sofferenza. Il primo scoglio è superato e, certo, questi giorni fino al prossimo GP ne rappresenteranno un altro, ma non credo che sarà più di una riflessione umanamente comprensibile. I piloti hanno questa capacità di pensare che se è capitato non ricapiterà e se ricapiterà non sarà a loro. Non c’entra niente l’egoismo, ma c’entra un approccio di vita differente che è tipico di chi vive di velocità e adrenalina. Ricordo che Giacomo Agostini, tempo fa, mi raccontava di una volta a Spa in cui si trovò a passare in mezzo ai pezzi del corpo di un collega e di come trenta minuti dopo fossero tutti nuovamente in pista. Erano altri tempi, oggi, fortunatamente, c’è un livello di sicurezza centuplicato e si riconosce alla vita il giusto valore. Ma l’animo dei piloti rimane lo stesso. Altrimenti il motociclismo sarebbe morto da un pezzo se non fosse stato così.
Invece è vivo e ci fa divertire. Anche fuori dalla pista, con la vicenda Andrea Dovizioso che ha tenuto banco in questi giorni. Che opinione ti sei fatto?
Era una storia finita. E Andrea Dovizioso, insieme al suo manager, hanno avuto l’astuzia e la brillantezza di anticipare l’ufficializzazione di qualcosa che probabilmente era già stabilito alla vigilia di quella che poteva essere una vittoria. E’ andata così e hanno vinto su tutti i fronti. Le storie possono anche finire e quella tra la Ducati e il Dovi era chiaramente agli sgoccioli, ma dispiace tantissimo che l’intera faccenda si sia trascinata talmente tanto e talmente malgestita da generare una rottura difficilmente sanabile. Se pensi a Dovizioso lo pensi vestito di rosso, ci stava che chiudesse la carriera altrove o che sposasse altri progetti, ma si doveva fare in modo che restasse un uomo simbolo Ducati. Invece è stato messo nelle condizioni di mandare con eleganza tutti a quel paese. Ha vinto due volte in Austria, prima prendendosi la resposabilità di essere lui a dire basta, poi passando per primo sotto il traguardo del RedBull Ring. Cosa farà? Se non trova una sella competitiva o un progetto credibile, probabilmente smetterà, non credo finirà a fare il collaudatore. Anche cosa succederà in Ducati ora non lo so, forse sarà promosso nel team ufficiale uno dei piloti dei non ufficiali: Bagnaia o Zarco. Ma Ducati dovrebbe puntare a vincere il Mondiale e non so chi altro può dargli questa possibilità più di Dovizioso
A proposito di Zarco, adesso è al centro della tempesta…
Ha sbagliato e non è la prima volta. Probabilmente un provvedimento nei suoi confronti è opportuno, più che altro per fargli capire che non si può fare a 300Km/h in una gara di motoGP quello che si fa sul circuito sotto casa con le motard in allenamento. Ma da qui a sostenere che possa averlo fatto di proposito ce ne corre. E’ stato spregiudicato, ma non è un aspirante suicida e nemmeno un criminale: ha peccato di incoscienza.
Piuttosto, già venerdì si torna su quella pista e a questo punto c’è un pericolo sicurezza?
C’era prima e c’è adesso. Il RedBull Ring è un circuito da rivedere, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma anche del disegno. Certo è che ora il tema più contingente è quello dell’incolumità dei piloti, perché il dio del motociclismo non ce la fa sempre a fare quello che ha fatto ieri.
Visto che siamo tornati a parlarne tirando in ballo la sorte, gli dei e il destino, Carlo Pernat prima e poi molti alti, tra ieri e oggi, hanno avuto un pensiero per Marco Simoncelli dopo quello che è accaduto, o meglio che non è accaduto, al Red Bull Ring. Senza scomodare misticismi che, francamente, possono risultare anche poco gradevoli, cos’ha da dire Paolo Beltramo, il giornalista che più di altri ha vissuto il Sic, in merito a quanti sostengono che ieri il 58 ci ha messo le mani?
Io il Sic lo vedo sempre e ovunque. Il 58 sta in ogni cosa nella mia vita, persino il mio cane, con il permesso della famiglia, si chiama Sic e è chiaro che se mi chiedi una cosa del genere la mia risposta è una sola: mi piace pensarlo. Anche perché quando c’è di mezzo il Sic di cose strane se ne notano. Sarà una suggestione, una casualità, ma, ad esempio, ogni volta che c’è un evento dedicato a lui, anche se il cielo minaccia piaggia, non piove mai. Mi piace pensare che il Sic ieri era lì e ci ha messo le mani per fare in modo che Valentino, come anche Vinales, Zarco e Morbidelli e prima ancora Bastianini e Syahrin non diventassero protagonisti di una tragedia come la sua. Ma la verità è che non so dove sia il Sic, non so se e cosa possa fare. Però è bello pensare che lui, come anche gli altri piloti che ci hanno lasciati troppo presto, non si perdono una gara da ovunque si trovano e possono in qualche modo collaborare con gli dei del motociclismo. Mettiamola così: non ci credo, ma ci spero. E ci spero davvero tanto.