Impossibile non volergli bene. Danilo Petrucci è il pilota della porta accanto: semplice, autentico, vero. Uno che non si spaventa a pronunciare la parola amore e umanità in un mondo dove regnano il business e contratti milionari. Sono state sue, infatti, le parole più forti dopo la tragedia di Jason Dupasquier al Mugello: "Non dovevamo correre, c’era ancora il sangue di Dupasquier sulla pista. Se fosse morto un pilota di MotoGP ci avrebbero fermati. Il motociclismo non è diventato più pericoloso, solo meno umano".
Avete avuto modo di riparlare tra piloti dell’incidente di Jason e come è stato gestito?
Ne abbiamo parlato in Safety Commission a Barcellona. Scendere in pista sabato dopo l’incidente è stato durissimo. Avevamo capito subito che era gravissimo per i lunghissimi tempi di soccorso e la presenza dell’elicottero in pista. Anche domenica nel minuto di silenzio, non sono riuscito ad avvicinarmi troppo alla moto di Jason e al suo team con il suo compagno di squadra sotto shock. È stato straziante e, dopo, ci hanno chiesto di correre come se niente fosse successo. Non lo condivido. A Barcellona abbiamo chiesto alla Dorna di limitare al massimo il replay costante degli incidenti. Prima di essere piloti, siamo esseri umani.
E di quanto successo a Fabio Quartararo?
Penso che avrei fatto lo stesso. Ha provato ad aggiustare la tuta, forse non si era reso conto della gravità della situazione. E poi era in lotta per il podio a tre giri dalla fine.
Agli esordi, un Petrucci senza sponsor portava in griglia un cappellino con la scritta LOVE, oggi chi è Danilo Petrucci?
Sono evoluto come pilota e mi sono tolto delle soddisfazioni, come la bellissima vittoria al Mugello, ma sono rimasto la persona onesta di sempre, per questo sono amico di tutti nel paddock e posso camminare a testa alta. L’onestà in questo mondo è un pregio, ma anche un limite. Non ho mai dato la colpa al team o alla moto e mi sono sempre preso le mie responsabilità. A volte anche contro i miei interessi.
Quando l’onestà è stato un limite?
Quando, per esempio, stai lottando per mantenerti il posto per l’anno successivo, ma confessi alla squadra che con i tuoi 80 chili non riesci ad andare più forte.
Il peso è sempre stato un tuo limite.
Ci combatto da sempre, ma resto il pilota più grande del paddock (180 cm per 82 chili, ndr) e questo è uno svantaggio con il trend delle moto sempre più piccole.
Figurati una KTM sviluppata da Dani Pedrosa.
Effettivamente siamo proprio i due opposti. La moto è piccola e compatta.
L’adattamento alla moto è stato più faticoso del previsto?
Nelle ultime gare il team ufficiale ha fatto vedere grandi cose. Per quanto mi riguarda, però, bisogna lavorare ancora sull’aerodinamica, soprattutto per adattarla a piloti della mia stazza. Continuo a soffrire anche con la Michelin posteriore. È molto sensibile al peso, così come alle temperature. Ne abbiamo parlato anche con Valentino (Rossi) perché questa situazione ci penalizza.
Cosa si può fare?
Per quel che mi riguarda, non mollo. I risultati sono importanti.
Come ti sei sentito quando è stata annunciata la promozione di Remy Gardner nella classe regina?
Sta andando forte per cui l’approdo in MotoGP è l’evoluzione naturale di un pilota di talento. Credo sia stato parte dell’accordo iniziale con KTM: vincere il titolo in Moto2 per poi debuttare in MotoGP.
Ancora una volta ti ritrovi nella condizione di dover dimostrare il tuo valore per ottenere un posto per il prossimo anno. Quanto desideri un contratto per il 2022?
Se mi confronto con la nuova generazione, non sono più giovanissimo. Mi ricordo che solo poco tempo fa, io a Valentino battagliavamo per il podio, adesso lottiamo per i punti. Ma sento di avere ancora molto da dire e vorrei restare in MotoGP.
L’Aprilia MotoGP o il passaggio in SBK sono due possibili opzioni?
Vorrei restare in KTM. Per ora non ci sono state trattative con Aprilia e anche in SBK avrei gli stessi problemi di peso.
Vedi il tuo futuro legato alle moto?
È quello che amo fare. Oggi un pilota di MotoGP sta pochissimo sulla moto. Io adoro correre, la velocità e la competizione. Sarei felice anche nel campionato regionale di cross! Ma da bambino sognavo di diventare campione del mondo di MotoGP.
Nei rally il tuo fisico robusto è un vantaggio.
È un altro del miei sogni e mi piacerebbe correre la Dakar. Ho fatto solo un rally (Il Rally di Sardegna) e mi sono reso conto di quanto sia pericoloso. Mi piacerebbe imparare la navigazione e sfruttare la mia velocità innata per i rally. Ancora non ne ho parlato con KTM, ma vorrei fare una prova.