C’è una parola che è propria della religione, e più precisamente dei Gesuiti, che racchiude una filosofia intera, un modo di stare al mondo e intendere l'esistenza, al di là appunto delle questioni storiche o teologiche che niente c’entrano con le motociclette: magis. Spiegare cos’è il “magis” è roba difficile, ma, provandoci con una sintesi estrema e pure un po’ superficiale, si può dire che è ambizione alla perfezione, abbondanza d’impegno. Quasi un invito all’ostinazione e alla pervasione come caratteristiche che nobilitano piuttosto che accecare. Ambizione come virtù e non come peccato. Senza alcuna irriverenza e senza voler assolutamente scomodare paragoni o lasciarsi andare a strani accostamenti senza fare le dovute proporzioni, viene da dire che il gesuita delle motociclette ha un nome un cognome: Claudio Domenicali. Perché, appunto, ha voluto tutto. Ancora e di più. Perché ha, di fatto, incarnato il magis sin da quando ha preso in mano una azienda, Ducati, che aveva scritto la storia, ma che di futuro sembrava averne poco.
Ostinazione. Pervasione. E, poi, voglia i rilanciare. Di nuovo. Perché la spina del vincere o del fare bene resta sempre e comunque il voler fare ancora meglio. Ancora e di più. Magari andando a parare anche su quei terreni dove non si erano mai messi i piedi. Ducati s’è rilanciata sul mercato, Ducati vince nelle corse, Ducati trasforma la MotoGP e la Superbike in una sorta di due mondiali monomarca. Insomma, Ducati è diventata sinonimo di motocicletta in tutto ciò che è cordoli e asfalto. Poteva bastare? No, non poteva bastare. A Ducati è riuscito pure di far comprare le sue moto a quella leggenda della velocità, Valentino Rossi, che fino a pochi anni prima aveva rappresentato la sua peggiore pubblicità. A Ducati è riuscito pure di prendersi gratis un otto volte campione del mondo che guadagnava 12,5 milioni di Euro a stagione. L’hanno dichiarato loro stessi: Marc Marquez correrà con una Desmosedici a ingaggio pari quasi a zero. A dirlo adesso è facile, perché è semplicemente la realtà. A sognarlo quando Stefano Domenicali e tutta Borgo Panigale hanno cominciato a farlo sembrava roba da matti veri. Matti che matti non erano e che, oggi, appaiono per ciò che erano davvero: ostinati e pervasivi. Con quella spina lì: non accontentarsi. Perché il magis, appunto, è ambizione alla perfezione.
Oggi la perfezione per Ducati è persino roba sporca: polvere e fango. Perché c’era una cosa che mancava: l’off road. E ora non mancherà più. Che non significa che Ducati, giusto per esserci, si metterà a produrre moto con le ruote tassellate, magari appoggiandosi a qualche fabbrica d’oriente e importando modelli da mettere a listino giusto per risultare completi. No, Ducati vuole essere Ducati anche fuori dal suo ambiente naturale. Anche a costo di sbattere il muso, con la piena consapevolezza che all’inizio non sarà uno scherzo e che bisognerà mettere in conto pure qualche figura barbina. Servivano ingegneri e li hanno presi, servivano tecnici e li hanno presi, servivano progetti e li hanno redatti, mentre si metteva in piedi tutto ciò che serve a una azienda per imporsi su un settore che non è stato mai suo. E poi serviva un uomo che ci mettesse la faccia per tutti. Avrebbe potuto essere chiunque e sarebbe stata comunque una gran notizia. Sarebbe bastato un qualsiasi endurista, un qualsiasi crossista. Toh, al limite pure un Danilo Petrucci, che è già nelle fila di Ducati e che è l’unico a aver vinto sia in MotoGP che in una Dakar.
Però così avrebbero fatto tutti quelli che non rispondono a quella irresistibile tendenza verso il magis: Ducati ha voluto Tony Cairoli. E lui, il nove volte campione del mondo di motocross, è uno che è fatto della stessa pasta. L’ufficialità ancora non c’è, ma pare che Tony sia prontissimo alla nuova sfida. E pure alla consapevolezza che prima di far mangiare polvere, come è abituato a fare, dovrà imparare anche a mangiarne. Con la stessa ostinazione e la stessa pervasione che lo hanno portato a essere il più grande di sempre, pur partendo da una Sicilia in cui il motocross non è certo il più praticato degli sport. Di mondiali ne ha vinti nove stando sopra le moto, adesso l’obiettivo è il decimo, ma da dietro la moto. Una moto che verosimilmente sarà tutta rossa e che accosterà un nome, Ducati, a ruote muscolose e tassellate. Serviranno attraversare polvere e fango, ma anche a lanciarsi in un salto che adesso sembra nel buio, ma che probabilmente è ancora una volta verso le stelle. Ancora e di più.